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Gaddo de Anna
già Coordinatore della Commissione
Regionale Ambiente del PdCI
Le polemiche sorte riguardo all’ipotizzato elettrodotto “Wurmlach-Somplago”, non sono gratuite ma basate su una verità; da un’opera del genere deriva un impatto ambientale notevole.
Indubbi infatti i danni forestali, se non altro per il raso a zero di intere fasce boschive oltre a danni irreversibili, sia a carico della microfauna che sulla micro e mico flora in sito, dovuti anche al calpestio dei macchinari scavatori.
Come indubbi i danni nei confronti dell’avifauna, notoriamente vittima di funi, cavi e quant’altro sia sospeso nell’aria; ostacoli micidiali, in quanto avvistabili solo all’ultimo momento, contro i quali vanno a sbattere continuamente i volatili.
Il senso estetico, insito poi nell’ambiente naturale, non potrà certo venir esaltato dalla presenza di una serie di scheletrici tralicci che un Don Chisciotte qualunque, che fosse di passaggio, sicuramente scambierebbe per nuovi maligni giganti.
Argomenti questi che, in chi di ambiente non sa o non vuol sapere, suscitano solo arrogante scherno e sarcasmo.
E allora aggiungiamo un breve e forse più stringente ragionamento.
Quando una certa situazione concreta non vede una propria regolamentazione ad hoc, si suole operare secondo il criterio dell’”analogia”.
Ebbene, nel caso specifico ci troviamo di fronte ad una situazione in cui per gli interessi di uno (Pittini SpA, società per azioni e come tale dotata sì di personalità giuridica, ma che comunque vale per 1) vengono lesi gli interessi di tutti (beni forestali demaniali, quindi beni pubblici, quindi beni di tutti).
Non vedo sinceramente in base a quale principio giuridico ciò possa essere permesso.
A meno che non ci si provi con il solito, ma ormai stantio, ricatto di diminuzione dell’occupazione etc.
Dicevo: applicare il criterio dell’analogia.
Poiché sostanzialmente il meccanismo è simile, i principi da applicare ritengo siano quelli delle servitù prediali.
Un fondo (dominante), per tutelare un proprio interesse, può imporre ad un fondo limitrofo (fondo servente) un peso, una limitazione della proprietà, detta servitù.
Solitamente si concretizza in un accesso, una strada, un canale.
Tuttavia tale diritto di servitù, a favore del fondo dominante ed a carico del fondo servente, deve essere attuato in modo tale da rappresentare ovviamente il gravame minore possibile per il fondo servente stesso.
Es.: se per portare acqua ad un fondo di mia proprietà, posso farlo solo attraversando un fondo confinante e di proprietà di terzi, avrò diritto di farlo, ma solo percorrendo la linea di minor distanza necessaria o di minor impatto, per il raggiungimento del fine proposto (non posso porre un canale zigzagante!). Dopodiché dovrò ricostituire la situazione in pristino, presente antecedentemente ai lavori; né le opere possono certamente essere tali da impedire il futuro sfruttamento economico del fondo servente.
Detto tutto ciò, e fatta salva l’arroganza del solito padrone forse protetto e quindi prepotente e quindi appunto padrone, l’unica via attuabile per la fornitura di energia elettrica alla FERRIERE Nord S.p.A., potrebbe essere rappresentata solo da una condotta interrata di corrente continua, di indubbio minor impatto ambientale, di non dannosità per l’avifauna ed in applicazione del criterio cautelativo sull’eventuale dannosità di impianti aerei di alta tensione per la salute umana.
Ossia in conclusione: di minor peso per il fondo servente, che in questo caso è di proprietà pubblica ossia di tutti, ma ugualmente utile per quello dominante che è di proprietà di uno.
Ho detto “potrebbe essere rappresentata”, perché in effetti una soluzione di gran lunga migliore per tutti ci sarebbe: sfruttamento dell’energia eolica.
Energia pulita, prodotta in casa, di costo impiantistico certo inferiore ad un elettrodotto ahimé classico, di impatto ambientale assolutamente inferiore.
Perché non si è presa in considerazione quest’ipotesi?
Forse la risposta è nella parola business.
Siamo certi che un ricorso al TAR, anche solo da parte di un cittadino qualunque, non sortirebbe alcun effetto?
PER FAVORE, ALMENO DOCUMENTATEVI!
Pare inopppugnabile la posizione del sig. Scaiola ed altri suoi colleghi, che parlano per conto della CIPAF, rappresentante l’imprenditoria della zona di Osoppo, sostenendo a spada tratta la necessità dell’elettrodotto per le industrie Pittini e Fantoni.
Pare inoppugnabile, perché in effetti il fatto che definiscano “un certo tipo di ecologismo” come “qualunquista”, la dice lunga sulla scarsità di argomenti che questi signori hanno a difesa delle loro argomentazioni.
L’unica strada che gli resta, evidentemente, è quella dell’invettiva, del dileggio, dell’arroganza e del ricatto.
Perché se c’è qualcuno che, con cognizione di causa, preferisce tutelare l’ambiente ricercando e trovando soluzioni alternative per le nuove necessità energetiche denunciate dalle grandi e piccole industrie della zona, non vedo perché il CIPAF debba replicare con superficiale ironia come se fossero loro padroni di tutto e che di tutto possono quindi disporre.
Basterebbe essere in grado di rispettare anche il sentire di altri e non credere di essere al mondo per “miracolo mostrare”, per rendersi conto, questi signori, che vi sono modalità, assistite da tecnologia avanzata, che consentono una produzione energetica a basso impatto ambientale.
Per rendersi conto, questi signori, che vi sono modalità, assistite da tecnologia avanzata (talora, ahiloro, assistite anche da innovativi pensieri politico/economici) che consentirebbero una produzione di alta qualità, tale da sopperire ai minori costi offerti da taluni produttori esteri.
Accade però che qui la mentalità sia, evidentemente, quella del piccolo industriale uso ai contributi pubblici, alle agevolazioni fiscali, alle esenzioni tributarie, a quell’assistenza pubblica che vede loro sfruttare denaro fuoriuscito pari pari dalle nostre (non dalle loro) tasche per sostenere la loro (non la nostra) attività.
E se non gli si concede tutto e anche più di tutto, fanno i capricci e minacciano disoccupazione, delocalizzazione et alia.
Ma questa volta no, non ci stiamo a farci depredare di nuovo di una delle ultime cose che ci restano: quel poco di bell’ambiente naturale rimasto e che ci circonda, che è di tutti noi e che non intendiamo concedere in uso, ma soprattutto in abuso, a chicchessia.
Lo sanno quei signori che esistono anche possibilità di sfruttamento dell’eolico, del fotovoltaico, dell’idrogeno?
Imparino dall’Asm di Settimo Torinese come si fa.
È stato sufficiente modulare, affidandosi alla tecnologia forse più moderna (non deve spaventare), energia solare ed impianto ad idrogeno, per rendere pressoché autosufficiente uno stabilimento con oltre 180 dipendenti.
Il che ha anche comportato un taglio nettissimo alla bolletta energetica, non solo per l’azienda, ma anche per l’ambiente grazie ad una minor emissione di oltre 300 tonnellate di anidride carbonica all’anno.
E per una riconversione energetica del genere, c’è da essere certi che un finanziamento da parte della Regione non mancherebbe.
Riassumendo: a) si renderebbero energeticamente autosufficienti b) salvaguarderebbero l’ambiente, dove fra l’altro vivono e respirano anche loro c) ne guadagnerebbero certamente d’immagine d) riuscirebbero comunque a non entrare in astinenza da contributi pubblici.
Non vorrei fosse chiedergli troppo.
20.11.05
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