Therese Kulungu

La nostra visione della pace


I conflitti armati e altri tipi di conflitti, le guerre di aggressione, l’occupazione straniera come anche il terrorismo, costituiscono sempre dei gravi ostacoli all’emancipazione delle donne. Nelle società lacerate dalla guerra, le donne e le bambine sono vittime di ogni forma di violenza (fisica, psichica, morale, socioeconomica...), in particolare: dello sfruttamento sessuale, compresa la tortura; dello stupro, indivduale e collettivo; le donne sono esposte alle mutilazioni sessuali (é il caso di una vittima in Congo a cui hanno sparato nella vagina dopo che era stata violentata), alle gravidanze forzate, ai matrimoni precoci, alla schiavitù sessuale, alla prostituzione forzata e al traffico di persone, alle malattie che si trasmettono sessualmente ecc.
Lo stupro é utilizzato in certe regioni come arma di guerra dalla maggior parte dei belligeranti. In Rwanda per esempio si ritiene che tutte le donne adulte e le bambine dai 12 anni sopravvissute al genocidio del 1994, siano state violentate. Così i conflitti armati rafforzano le disuguaglianze tra gl uomini e le donne e la discriminazione nei confronti delle donne e delle bambine.
E tuttavia durante i conflitti armati, le donne sono spesso quelle che assicurano la continuità mantenendo il tessuto sociale ed economico. Nella Repubblica Democratica del Congo, dove rappresentano il 52% della popolazione, le donne assicurano la sopravvivenza quotidiana almeno nell’80% delle famiglie. Nelle regioni rurali, sono loro le principali lavoratrici della terra, a tal punto che si sente dire che in Congo "ci sono delle agricoltore e i loro mariti". Si può dunque sostenere che esse sono promotrici e protagoniste del processo di pace e di sviluppo.
Numerosi gruppi di donne si sono organizzate, al di là delle divisioni politiche ed etniche, per promuovere la pace, e molto spesso il loro impegno in favore della pace non si riflette che raramente nel processo di pace ufficiale. Le donne sono spesso escluse dagli uomini perché esse non hanno potere decisionale, non sono né capi militari né combattenti, o non si ritiene che abbiano le competenze necessarie. Il processo di pace non tiene conto della prospettiva di genere, e le principali prroccupazioni delle donne non sono sempre prese in considerazione durante i negoziati. Le donne si trovano raramente nei posti decisionali più elevati delle missioni di mantenimento della pace.

Ma le donne hanno tutte le ragioni per coinvolgersi nei processi di pace nel mondo perché esse sono le prime vittime.
E tre sono i principali strumenti internazionali alla portata delle donne, che devono essere gli strumenti di lavoro della nostra lotta; si tratta della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne; la Risoluzione 1325; la Corte penale internazionale.
1. Sulla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne del 18 dicembre 1979: questa Convenzione tratta specificamente dei diritti delle donne e propone di eliminare tutte le discriminazioni nei confronti delle donne nel campo politico, economico, sociale, civile, culturale o altro; eliminare le discriminazioni nella sfera pubblica e nella vita privata; eliminare le discriminazioni nelle pratiche abituali.
2. Sulla Risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza sulle donne, la pace e la sicurezza: questa Risoluzione dà alle donne i diritti di accedere a tutti i posti decisionali nelle istituzioni e nei meccanismi nazionali, regionali e internazionali per la prevenzione, la gestione, la soluzione di controversie e il processo di pace. Questa Risoluzione chiede a tutte le parti durante i negoziati di pace di adottare pratiche di equità tra i sessi.
3. Sulla Corte penale internazionale: questa Corte mette fine all’impunità degli autori di crimini contro le donne in particolare. Nel corso dell’ultimo decennio, il quadro giuridico internazionale é stato ampliato per prendere in considerazione alcuni crimini commessi contro le donne e le bambine durante i conflitti armati, in particolare lo stupro, la prostituzione forzata, la tratta e la schiavità. Questi crimini sono inclusi nel quadro della definizione dei crimini di guerra, dei crimini contro l’umanità e in quanto elementi del crimine di genocidio e di tortura (cfr. Tribunale internazionale su ex Jugoslavia e Rwanda).
Ricordate che i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità sono imprescrittibili.

L’esperienza delle donne congolesi conosce due grandi tappe:

a) La negoziazione della pace
Consapevoli dei trattamenti inumani inflitti alle donne durante i conflitti armati, le donne congolesi di tutte le tendenze si sono impegnate per la ricerca della pace. Il punto culminante era la consultazione delle donne congolesi, provenienti da tutte le province occupate e non occupate e di tutte le tendenze politiche e ideologiche, che si é tenuta a Nairobi in Kenya nel febbraio 2002. Questa consultazione é stata sancita da due importanti documenti che sono la Dichiarazione di Nairobi e il Piano d’azione delle donne congolesi che aveva come obiettivi: mettere fine senza condizioni alle ostilità e alla guerra; coinvolgere la donna con presenze almeno del 30% negli organi decisionali delle istituzioni uscite dal Dialogo intercongolese; insediare un ministero "di genere".
b) Il consolidamento della pace
Sul piano della riforma del diritto numerosi seminari-laboratori sono organizzati per armonizzare la legislazione congolese tenendo conto delle esigenze della Cedef e della Risoluzione 1325. Tutte le disposizioni legali discriminatorie nei confronti della guerra sono identificate e depositate al Parlamento come progetto delle leggi per l’armonizzazione del codice di famiglia, del codice penale e giudiziario, del codice del lavoro, ecc. Nella Costituzione, le donne hanno potuto ottenere un’equa rappresentazione in seno alle istituzioni nazionali, provinciali e locali e la parità uomo-donna nelle suddette istituzioni (articolo 14 della Costituzione). Per arrivare a ciò, le donne hanno dovuto battersi, perché nel primo progetto di Costituzione questo articolo parlava di rappresentazione significativa; é in seguito alla pressione che si é arrivati alla rappresentazione equa. Per rendere effettiva questa parità, nel progetto di legge elettorale, all’articolo 15, le donne hanno potuto ottenere il principio della rappresentatività della donna per tutte le liste presentate dai partiti politici o dai raggruppamenti politici, e due esperte sono state scelte per seguire i lavori.
Non ci può mai essere pace durevole senza la partecipazione delle donne e l’integrazione della prospettiva di genere.
La pace è indissolubilmente legata all’uguaglianza tra uomini e donne e allo sviluppo. La pace ha bisogno delle donne e le donne hanno bisogno della sicurezza.
È per questo che noi dobbiamo lottare per la parità effettiva in tutte le sue forme.
Alcune raccomandazioni
Noi, in quanto donne che diamo la vita, dobbiamo avere una cultura di pace. La cultura di pace promuove la tolleranza, la convivialità, la condivisione e il rispetto dei diritti di ciascuno/a. Per contro, combatte l’esclusione, la povertà estrema e il degrado dell’ambiente. Essa mira a risolvere i problemi attraverso il dialogo, la negoziazione e la mediazione affinché il ricorso alla guerra e alla violenza non sia più una tentazione.
Per abolire le guerre e i conflitti violenti, bisogna trascendere e superare le immagini del nemico con la comprensione, la tolleranza e la solidarietà tra tutti i popoli e tutte le culture.


T. Kulungu presiede una ong impegnata contro la guerra e la violenza sulle donne nella Repubblica Democratica del Congo