L'iraniana Shirin Ebadi è l'undicesima donna a vincere
il Nobel per la Pace. E l'annuncio ha suscitato non poche sorprese,
considerando che alla vigilia da più parti veniva dato
per certo che il premio sarebbe andato a Giovanni Paolo II.
Il riconoscimento è stato assegnato a Ebadi "per
il suo impegno nella difesa dei diritti umani e a favore della
democrazia. Si è concentrata specialmente sulla battaglia
per i diritti delle donne e dei bambini". Il presidente
del comitato Ole Danbolt Mios ha proclamato la vincitrice a
Oslo lodando il suo "coraggio e il suo impegno in favore
della democrazia."
"Questo
premio va a tutti gli iraniani che si battono per la democrazia"
ha dichiarato Shirin Ebadi, sbalordita alla notizia del prestigioso
riconoscimento. Da Parigi, durante un breve incontro con la
stampa, Ebadi ha chiesto "la liberazione il più
presto possibile dei prigionieri iraniani che lottano per la
democrazia e la libertà". "La cosa
più urgente" ha proseguito "è
che la libertà d'espressione sia rispettata e che le
persone che si trovano in carcere per le loro opinioni siano
immediatamente liberate. Al
governo iraniano chiedo di essere uniti e combattere per i diritti
umani nel Paese" ha aggiunto la giurista, che ha ricordato
come la situazione non sia facile in Iran dove ci sono "leggi
e norme che sono contrarie ai loro diritti".
Quindi
ha affermato che l'Islam non è "incompatibile
con i diritti dell'uomo" e si è pronunciata
contro quasiasi "intervento straniero" perché
i diritti umani non devono essere imposti dall'esterno, ma devono
essere conquistati all'interno del proprio Paese. "Non
ci appoggiamo a paesi stranieri, ci reggiamo sulle nostre gambe,
non vogliamo che siano gli stranieri a imporre i diritti umani".
Il
nuovo premio Nobel ha poi espresso ammirazione per Giovanni
Paolo II e ha criticato la politica estera degli Usa. "Ho
sempre ammirato il Papa, ancor più perché ha condannato
l'intervento americano in Iraq". La giurista iraniana
non ha nascosto il suo sostegno per la causa palestinese e per
i diritti dell'uomo in Palestina e a questo proposito ha parlato
di "una guerra ineguale, quella delle pietre contro
un'armata molto potente".
Ebadi
ha espresso inoltre la speranza che il suo premio Nobel per
la Pace aiuterà la causa della democrazia in Iran. "Sono
molto felice e orgogliosa - ha commentato -Non cambierà
granché nella mia vita, ma sarà un'ottima cosa
per il mio lavoro in favore dei diritti umani e dei cittadini
in Iran ed è un bene per la democrazia e soprattutto
per i diritti dei bambini in Iran".
Il
Comitato del Nobel è lieto di premiare "una
donna che fa parte del mondo musulmano", si legge
nella motivazione del premio che sottolinea come Ebadi "non
veda conflitto fra Islam e i diritti umani fondamentali. Per
lei è importante che il dialogo fra culture e religioni
differenti del mondo possa partire da valori condivisi",
prosegue il comitato, la cui scelta appare particolarmente mirata
in un contesto storico di tensioni fra Islam e Occidente.
"Come
avvocato, giudice, insegnante, scrittrice e attivista politica,
Shrin Ebadi ha sempre alzato la sua voce forte e chiara nel
suo paese, e ben oltre i suoi confini" prosegue il
testo del comitato norvegese. "Professionale e coraggiosa",
Ebadi non ha mai ceduto alle minacce, "in un'era di
violenza, ha fortemente sostenuto la non violenza",
continua la motivazione. E sottolinea come la neo premiata,
sostenitrice del dialogo, abbia sempre considerato le elezioni
democratiche come la base del potere politico supremo.
"La
sua arena principale è la battaglia per i diritti umani
fondamentali, e nessuna società merita di essere definita
civilizzata, se i diritti delle donne e dei bambini non vengono
rispettati - prosegue la nota - È un piacere
per il comitato norvegese per il Nobel assegnare il premio per
la Pace a una donna che è parte del mondo musulmano,
e di cui questo mondo può essere fiero, insieme con tutti
coloro che combattono per i diritti umani, dovunque vivano".
Il
comitato norvegese spiega di aver sempre cercato, con il conferimento
del premio per la Pace, di accelerare l'avanzamento della democrazia
e degli diritti umani. "Speriamo - si legge ancora
nella motivazione - che il popolo dell'Iran gioisca ora
che per la prima volta nella storia uno dei suoi cittadini è
stato insignito del Nobel per la Pace. Speriamo che il premio
sia di stimolo per quanti si battono per i diritti umani e la
democrazia nel suo paese, nel mondo musulmano, e in tutti Paesi
dove la lotta per i diritti umani ha bisogno di stimolo e sostegno".
Shirin
Ebadi, nata nel 1947, è stata la prima donna nominata
giudice prima della rivoluzione. Laureata in legge all'Università
di Teheran, è stata nominata presidente del tribunale
dal 1975, ma dopo la rivoluzione del 1979 è stata costretta
a dimettersi per le leggi che limitarono autonomia e diritti
civili delle donne iraniane. Ha difeso le famiglie di alcuni
scrittori e intellettuali uccisi tra il 1998 e il 1999.
È stata tra i fondatori dell'associazione per la protezione
dei diritti dei bambini in Iran, di cui è ancora una
dirigente. È stata avvocato di parte civile nel processo
ad alcuni agenti dei servizi segreti, poi condannati per aver
ucciso, nel 1998, il dissidente Dariush Forouhar e sua moglie.
Nel 2000 ha partecipato ad una conferenza a Berlino sul processo
di democratizzazione in Iran, organizzata da una fondazione
vicina ai Verdi tedeschi, che provocò grande clamore
e la pronta reazione dei poteri conservatori a Teheran, che
arrestarono diversi dei partecipanti al loro ritorno in Iran.
Perseguitata
a causa delle indagini che stava svolgendo, nel 2000 è
stata sottoposta a un processo segreto per aver prodotto e diffuso
una videocassetta sulla repressione anti-studentesca del luglio
1999, materiale che secondo l'accusa "disturbava l'opinione
pubblica".
Ebadi
è stata scelta tra 165 candidati, incluso Papa Giovanni
Paolo II e l'ex presidente ceco Vaclav Havel. Il premio è
di 10 milioni di corone svedesi (pari a 1,32 milioni di euro).
la Repubblica, 10 ottobre 2003
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