immagini e descrizioni delle tecniche
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LA DONNA SI DIFENDE

Guida pratica alla difesa personale

 

3. TECNICHE FONDAMENTALI




Gli esercizi che abbiamo visto nel capitolo precedente fanno parte del normale allenamento di un praticante di arti marziali, ma di per sé (sempre se praticati con regolarità) possono essere di grande aiuto a chiunque, perché lo mettono in grado di cominciare a considerare il proprio corpo non più come qualcosa di estraneo e incontrollabile, ma come uno strumento piuttosto efficiente, parte consapevolmente integrante della persona.
Come vedremo, l’autodifesa in realtà dev’essere praticabile anche da chi non avrà avuto modo di allenarsi adeguatamente, ma è ovvio che avere gambe scattanti e mani decise aiuta non poco.
Sia, quindi, che abbiate già cominciato a migliorare la vostra agilità e potenza, sia che abbiate ancora dubbi e riserve mentali sul da farsi, è comunque arrivato il momento di vedere concretamente come poter usare, in caso di necessità, le potenzialità del vostro corpo e gli occasionali strumenti di difesa.
Vedremo allora quali sono le parti del corpo da prendere in considerazione come obiettivi e come strumenti di difesa, e quali tecniche adoperare nelle varie situazioni.


UN PO’ DI ANATOMIA “PRATICA”


Le parti del corpo che prenderemo in esame sono naturalmente solo quelle che hanno qualche riferimento con la materia del libro, e anche qui lo schematismo è inevitabile, perché non avrebbe alcuna utilità dar conto, ad esempio, delle oltre 200 ossa che possono essere soggette a frattura.
Quello che c’interessa è individuare i principali [52] punti del corpo su cui può indirizzarsi un’efficace reazione difensiva, tenendo conto che ai fini pratici (cioè nelle situazioni esemplari che analizzeremo più avanti) essi si ridurranno ancora: in ogni caso non fate l’errore di sottovalutare queste nozioni, perché solo dal rapporto fra esse e le tecniche difensive può scaturire la validità del vostro comportamento.

Le illustrazioni che seguono sono così organizzate: nella prima pagina a sinistra vi è un quadro generale dei principali punti del corpo, visti anteriormente, e nella pagina accanto questi stessi punti sono evidenziati dal punto di vista del mezzo con cui possono essere colpiti e dell’ effetto che su di essi può provocare un attacco; le due pagine seguenti avranno uno schema analogo per la parte posteriore.
Si tratta degli stessi obiettivi visti sotto due angolazioni diverse, quindi non deve spaventare l’apparente complessità degli schemi: si è già detto che scopo del libro non è quello di proporre grandi quantità di tecniche particolarmente sofisticate che al momento buono si rivelano inapplicabili, ma pochi sistemi difensivi, efficaci proprio nella misura in cui sono relativamente semplici. Se farete, quindi, un minimo sforzo di memorizzazione, accompagnato da un attento allenamento pratico, vedrete che non sarà poi così difficile impadronirvi perlomeno di alcune delle tecniche fondamentali.
Per fornire la maggior immediatezza di comprensione si è preferito rinunciare ad elaborate suddivisioni, mostrando schematicamente solo alcune possibili combinazioni, e quindi noterete che non si è indicato ogni specifico rapporto tra un singolo punto, il tipo di colpo e l’effetto ottenibile: ad esempio il naso può essere colpito col pugno, il gomito, la testa, ecc., e a ciascuna tecnica può corrispondere un esito differente, ma esaminare tutte queste variabili avrebbe prodotto un elenco interminabile, e forse di scarsa utilità pratica.

Un consiglio: anche se ogni tecnica è adatta ad una particolare situazione (e non potete certo sapere prima in quale di queste potreste trovarvi), senza trascurarne nessuna cercate però di sceglierne alcune che vi risultano particolarmente congeniali: vi servirà per acquisire familiarità con l’idea di usare il corpo in maniera così insolita, e quando sarete in grado di padroneggiare abbastanza bene quelle determinate tecniche capirete che anche le altre, in realtà, sono del tutto alla vostra portata. È un semplice espediente pratico che tuttavia ha un importante risvolto psicologico: queste tecniche non saranno più delle astratte sequenze descritte sulla carta, ma in buona misura entreranno a far parte dei vostri naturali automatismi, e in caso di necessità sarà molto più facile evitare il blocco mentale che cancella tutto quello che avete imparato.

disegno 2

1. Tempia

2. Occhi

3. Radice del naso

4. Punta del naso

5. Labbra

6. Collo

7. Pomo d’Adamo

8. Sterno


9. Plesso solare

10. Stomaco

11. Fegato

12. Milza

13. Costole fluttuanti

14. Ventre

15. Testicoli

16. Rotula

17. Tibia

18. Caviglia

19. Pianta del piede



Le voci in neretto indicano i punti più delicati: a seconda della forza esercitata e del tipo di tecnica adottata il colpo può essere mortale; ad esempio, un pugno diretto al naso produce generalmente solo una frattura, ma se un colpo col taglio della mano, dal basso verso l’alto, arriva violentemente alla base del naso, può provocare la perforazione del cervello da parte dell’osso.



Pugno martello. Gomito

Stordimento. Morte

Dita

Accecamento

Pugno. Taglio.

Stordimento. Frattura. Morte

Pugno. Taglio. Palmo. Gomito. Testa

Frattura. Morte

Pugno. Taglio. Palmo. Gomito. Testa

Rottura

Taglio a 2 mani

Stordimento

Pugno. Taglio

Rottura trachea

Gomito

Dolore

Pugno. Gomito. Calcio. Testa

Apnea. Stordimento

Leva

Frattura

Pugno. Gomito. Calcio

Apnea. Stordimento

Pugno. Gomito. Calcio

Immobilizzazione

Pugno. Gomito. Calcio

Immobilizzazione. Spappolamento

Pugno. Gomito. Calcio

Apnea. Immobilizzazione

Pugno. Gomito. Calcio

Stordimento

Pugno. Gomito. Calcio. Dita

Immobilizzazione. Morte

Calcio. Tallone

Frattura

Pugno

Stordimento. Frattura

Pugno. Calcio. Gomito

Stordimento. Morte

Pugno. Calcio. Gomito. Ginocchio

Stordimento. Frattura

Pugno. Calcio. Gomito. Ginocchio

Immobilizzazione. Spappolamento

Pugno. Calcio. Gomito

Frattura

Calcio. Ginocchio

Frattura

Ginocchio. Calcio

Immobilizzazione

Calcio

Squilibrio. Immobilizzazione

Calcio. Spazzata

Squilibrio. Immobilizzazione

Calcio. Spazzata

Immobilizzazione

Calcio

Immobilizzazione


Dis. 3

disegno 4

1. Nuca

2. 1a e 3a vertebra cervicale

3. 5a e 7a vertebra dorsale

4. Reni

5. 4a e 5a vertebra lombare

6. Coccige

7. Nervo sciatico

8. Incavo

9. Polpaccio

10. Base del polpaccio

11. Tallone


Pugno

Stordimento. Frattura. Morte

Pugno. Calcio. Gomito

Stordimento. Frattura. Morte

Pugno. Calcio. Gomito. Ginocchio

Stordimento. Frattura

Pugno. Calcio. Gomito. Ginocchio

Immobilizzazione. Spappolamento

Pugno. Calcio. Gomito

Frattura

Calcio. Ginocchio

Frattura

Ginocchio. Calcio

Immobilizzazione.

Calcio

Squilibrio. Immobilizzazione

Calcio. Spazzata

Squilibrio. Immobilizzazione

Calcio. Spazzata

Squilibrio. Immobilizzazione

Calcio

Immobilizzazione

 

È naturale che nel difendervi il vostro scopo istintivo sarà quello di provocare dolore (per liberarvi, per disorientare l’aggressore, per sfogare la rabbia), ma in realtà l’obiettivo più logico, anche se tecnicamente più difficile, dev’essere quello di mettere fuori combattimento chi vi ha assalito, non solo perché ciò vi può permettere di risolvere completamente il problema ( scappando, chiedendo aiuto, ecc.), ma anche perché così eviterete il rischio - da non sottovalutare mai - di una controreazione che può arrivare a limiti estremi. Può accadere che vi rendiate conto che l’ aggressione sta degenerando e che addirittura è in pericolo la vostra stessa vita: in questo caso non dovete pensare a nient’altro, non dovete assolutamente esitare.
Per quanto ripugnante possa essere, sul piano morale e su quello strettamente fisico, salvare la vostra vita può dover significare mettere in pericolo un’altra vita: un colpo fortissimo alla tempia, o fra gli occhi sopra il setto nasale, o all’occipite.
Occorre quindi evitare nel modo più assoluto, se non in casi disperati, di colpire quei punti che sono stati indicati come mortali. E comunque va tenuto presente che in genere provocare una frattura (ad esempio al naso, alla rotula, alle dita) è piuttosto facile, non ha conseguenze letali e procura un dolore immediato, molto forte, tale da ridurre all’impotenza.
Naturalmente sia per l’effetto provocato che per lo strumento con cui colpire si è teso a dare unicamente delle indicazioni sommarie, escludendo la terminologia scientifica, evidenziando solo alcuni fra i possibili effetti di un colpo non mortale, prendendo in esame le tecniche di offesa più semplici (ad esempio omettendo numerose varietà di calci, fra le più usuali ed efficaci nelle arti marziali).

Non è affatto detto che un colpo sia sempre la reazione più efficace (l’aggressore può essere protetto dai vestiti o dalla propria massa adiposa, siete in una posizione particolarmente infelice, ecc.), quindi non sottovalutate minimamente la possibilità di ricorrere ad altri modi che magari a prima vista possono sembrare un po’ elementari o troppo cruenti: afferrare i capelli, storcere un dito, graffiare, stringere i genitali, premere le dita sugli occhi, far leva su un braccio fino a spezzarlo, mordere una mano, infilare un dito nella narice (!) e tirare di lato, sono sistemi semplicissimi e di grande efficacia, basta usarli - se mi è consentita l’espressione - senza troppi scrupoli.

SCHEMA RIASSUNTIVO

[53]

Parte del corpo

Tipo di colpo

Effetto

Pericolosità

Tempia

Pugno a martello. Gomito

Stordimento. Morte

Media. Totale

Occhi

Dita

Accecamento

Alta

Radice del naso

Pugno. Taglio

Stordimento. Frattura. Morte

Alta. Totale

Punta del naso

Pugno. Taglio. Palmo. Gomito. Testa

Frattura. Morte

Totale

Labbra

Pugno. Taglio. Palmo.
Gomito. Testa

Rottura

Media

Collo

Taglio a 2 mani

Stordimento

Media. Alta

Pomo d’Adamo

Pugno. Taglio

Rottura trachea

Alta. Totale

Ascelle

Gomito

Dolore

Media

Plesso solare

Pugno. Gomito. Calcio. Testa

Apnea. Stordimento

Media

Gomito

Leva

Frattura

Media

Stomaco

Pugno. Gomito. Calcio

Apnea. Stordimento

Media

Fegato

Pugno. Gomito. Calcio

Immobilizzazione. Spappolamento

Media. Alta

Milza

Pugno. Gomito. Calcio

Immobilizzazione. Spappolamento

Media. Alta

Costole fluttuanti

Pugno. Gomito. Calcio

Apnea. Immobilizzazione

Media

Ventre

Pugno. Gomito. Calcio

Stordimento

Media

Testicoli

Pugno. Gomito. Calcio. Dita

Immobilizzazione. Morte

Media. Totale

Rotula

Calcio. Tallone

Frattura

Media

Tibia

Calcio. Tallone

Frattura

Media

Caviglia

Calcio. Tallone

Frattura

Media

Pianta del piede

Tallone

Frattura

Media

Nuca

Pugno

Stordimento. Frattura. Morte

Media. Totale

Vertebre cervicali

Pugno. Calcio. Gomito

Stordimento. Frattura. Morte

Alta. Totale

Vertebre dorsali

Pugno. Calcio. Gomito. Ginocchio

Stordimento. Frattura

Media. Alta

Reni

Pugno. Calcio. Gomito. Ginocchio

Immobilizzazione. Spappolamento

Media. Alta

Vert. lombari

Pugno. Calcio. Gomito

Frattura.

Media. Alta

Coccige

Calcio. Ginocchio

Frattura

Media. Alta

Nervo sciatico

Ginocchio. Calcio

Immobilizzazione

Media

Incavo gamba

Calcio

Squilibrio. Immobilizzazione

Media

Polpaccio

Calcio. Spazzata

Squilibrio. Immobilizzazione

Media

Base polpaccio

Calcio. Spazzata

Squilibrio. Immobilizzazione

Media

Tallone

Calcio

Immobilizzazione

Media


GLI STRUMENTI PER COLPIRE

disegno 5


Abbiamo appena visto quali siano questi strumenti: le mani, i piedi, i gomiti, le ginocchia, la testa. Vedremo com’è possibile usarli con utilità e senza farsi male, tenendo conto che braccia e gambe sono anche essenziali per parare.

 

MANO

Il pugno è senz’altro il modo migliore per portare un colpo, ma è necessario imparare molto bene il modo giusto con cui usarlo.
Nel chiuderlo con forza dovete posizionare correttamente il pollice, che andrà a bloccare indice e medio, e non dovrà mai essere racchiuso all’interno del pugno stesso o sporgere in avanti, altrimenti la forza del colpo sarà quasi annullata e vi farete sicuramente male.


 

disegno 6

PUGNO

Al momento dell’impatto avambraccio, dorso della mano e nocche dovranno trovarsi in linea retta, sia perché così eviterete di slogarvi il polso sia perché diversamente il colpo avrebbe un’efficacia minima; per analoghe ragioni il braccio dovrà, possibilmente, essere completamente disteso e con tutti i muscoli contratti (che dovrete invece imparare a tenere rilassati fino all’ultimo istante).

disegno 7



Nel pugno, come negli altri colpi, si dovrà tendere a colpire non con tutta la parte del corpo, ma facendo in modo che l’obiettivo venga toccato da una minima superficie: infatti, quanto più piccola questa sarà, maggiore sarà la potenza che si concentrerà in essa, cioè tutta la vostra forza si scaricherà, senza disperdersi, in uno spazio ridottissimo. È una legge fisica elementare che ben intuì chi costruì la prima freccia.


NOCCHE

disegno 8

Altro elemento importante è costituito dalla forza che sarete riuscite a immagazzinare al momento del colpo: dovrete “caricare” il pugno, cioè farlo partire dalla massima distanza rispetto al corpo dell’altro, badando che questa preparazione non sia troppo lenta e plateale, ciò che consentirebbe all’altro di capire con ampio anticipo le vostre intenzioni. L’ideale, poi, sarebbe che il pugno partisse col dorso rivolto verso il basso e compisse una fulminea rotazione solo un attimo prima dell’impatto, ottenendo così maggior effetto proprio in virtù di questa veloce torsione. E ancora: appena portato a segno il colpo, il pugno non deve “fermarsi” sul punto che ha raggiunto, ma tornare indietro con la stessa rapidità con cui ha colpito; l’efficacia sarà maggiore e sarete subito pronte a un’eventuale nuova azione.

Un’ultima cosa: il famigerato urlo [54] che nei soliti film “di kung fu” sentiamo effettuare dal giovanotto che sgomina decine di cattivi, non è una trovata spettacolare o un espediente per terrorizzare l’avversario (anche se talvolta quest’ultimo aspetto può avere una sua utilità). Si tratta, in realtà, dell’ideale completamento di ogni colpo: abbiamo già detto che durante un attacco occorre espirare, aggiungiamo che all’impatto l’espirazione sarà particolarmente intensa, e ciò fra l’altro facilita il pieno dispiegarsi delle nostre energie; in questo momento decisivo, dunque, la forte tensione psicofisica che siamo riusciti ad accumulare (anche nell’arco di pochi istanti) si scarica nell’atto liberatorio e al tempo stesso produce il massimo risultato che potessimo raggiungere. Il discorso potrebbe farsi assai lungo e controverso, ma limitiamoci a considerare l’urlo come l’espressione della sintesi ottimale fra la concentrazione fisica e quella psichica.

Adesso provate a esercitarvi: ponetevi saldamente nella posizione del “Cavaliere di ferro”, [55] (v. illustrazioni sotto) col busto diritto, i glutei ben contratti e le braccia ferme ma rilassate; chiudete i pugni e tendete in avanti il braccio sinistro, parallelo al suolo, mentre il braccio destro si piegherà col gomito spinto il più possibile all’indietro e il pugno (dorso in basso) fermo appena sopra il fianco; fate partire un colpo orizzontale e contemporaneamente riportate indietro il pugno sinistro, nella posizione analoga a quella in cui si trovava il destro, con un movimento sincronizzato e molto rapido; ricordatevi di tenere decontratto il braccio destro per tutto il tragitto e di contrarlo solo all’ultimo istante, quando il pugno effettuerà la torsione e voi, contraendo violentemente gli addominali, emetterete il kiai. [56]
Penso si possa dire che questo è forse l’esercizio fondamentale, non solo perché è alla base di ogni tecnica di pugno ma anche perché vi consente di allenare le gambe e gli addominali, sviluppa la capacità di concentrazione, aumenta la forza, affina il sincronismo dei movimenti e l’equilibrio. Quindi cercate di eseguirlo, ovviamente alternando i pugni, più volte possibile (da dieci a...), e di continuare a ripeterlo anche, e soprattutto, quando sarete in grado di eseguirlo correttamente. [57]

KIBA DACHI

Col busto diritto, i glutei ben contratti e le braccia ferme ma rilassate; chiudete i pugni e tendete in avanti il braccio sinistro, parallelo al suolo, mentre il braccio destro si piegherà col gomito spinto il più possibile all’indietro e il pugno (dorso in basso) fermo appena sopra il fianco; fate partire un pugno orizzontale e contemporaneamente riportate indietro il pugno sinistro, nella posizione analoga a quella in cui si trovava il destro, con un movimento sincronizzato e molto rapido



PUGNO A MARTELLO

Il pugno può essere anche usato per colpire con un movimento rotatorio (dall’alto verso il basso, da sinistra a destra, ecc.) che lo porta all’impatto o sempre con le nocche, con il dorso rivolto all’obiettivo, oppure, nel cosiddetto “colpo a martello”, con la parte sporgente del metacarpo, ovvero con quel muscolo esterno appena sotto il mignolo.

disegno 9



tecnica

disegno 10

 

TAGLIO DELLA MANO

Senz’altro più difficile (ma molto utile per colpire il collo, ad esempio) è usare il taglio della mano, badando di tenere le dita ben unite e contratte, con il pollice rivolto all’interno del palmo in modo da governare il movimento.

disegno 11



PALMO DELLA MANO

Un’altra tecnica efficace, soprattutto se rivolta al viso, è il colpo con il palmo della mano: si apre la mano tenendo le dite unite e leggermente piegate, e flettendo il polso all’indietro si colpisce con la parte di palmo tra l’articolazione del pollice e il polso.

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Per completare questa parte relativa ai colpi con le mani, torniamo a una tecnica elementare che, proprio in quanto tale, è sì utilissima per sorprendere o scoraggiare chi vi sta molestando, ma è anche il più delle volte usata mediocremente: lo schiaffo.
“Imparare dalle piccole cose per arrivare pian piano in modo progressivo alle tecniche e ai movimenti della vera difesa personale, pensiamo sia la cosa migliore per apprendere e assorbire con un certo metodo”. [58]
Sicuramente a ognuna di voi sarà capitato, prima o poi, di mollare un ceffone, e probabilmente si sarà trattato di un semplice gesto d’ira, ma siete sicure che all’occorrenza sapreste assestare uno schiaffo? Fate adesso, senza pensarci, il gesto di darne uno. Ecco, sarà forse per prudenza, sarà che non riuscite a togliervi di testa lo sganassone che s’è beccata Rita Hayworth in Gilda, ma ci sono buone probabilità che l’effetto sarebbe decisamente modesto.
Un vero schiaffo è il manrovescio dato con movimento ampio e secco, cioè caricando il braccio e arrivando al bersaglio velocemente: sono le nocche che colpiscono, non le dita, e la mano deve tendere a proseguire la traiettoria semicircolare, un po’ come nel tennis.

Fra gli esercizi descritti più sopra ce n’è alcuni particolarmente utili per rafforzare le mani: aprirle e chiuderle velocemente, fare delle flessioni appoggiandosi ai pugni. Un sacco da boxeur (che ci si può abbastanza agevolmente confezionare in casa con robusta tela e sabbia) è ottimo per colpi dati di pugno e di taglio, e naturalmente anche di piede. [59] Ricordatevi bene che le vostre mani sono molto più fragili di quelle di un uomo, e anche più piccole, e non potete pensare di colpire [60] senza averle potenziate: non è che dovete sfigurarle o sviluppare chissà quali masse callose, ma sicuramente avrete bisogno di sottoporle ad allenamenti che potranno essere anche lunghi e faticosi.

PIEDE

Anche qui non prenderemo nemmeno in considerazione le numerosissime tecniche che troviamo nel karate o nel kung fu, ma ci limiteremo all’essenziale, addirittura contraddicendo - sempre ai fini divulgativi - alcune regole marziali.
È del tutto intuitivo che se le mani sono lo strumento principale in uno scontro ravvicinato, i piedi consentono invece di colpire l’avversario anche quando è a una certa distanza: ciò presenta degli evidenti vantaggi, ma ha pure un importante lato negativo, quello cioè che il colpo impiega maggior tempo di un pugno per arrivare a destinazione e quindi può più facilmente essere intuito e parato, o intercettato.
Il calcio frontale, che è quello che più frequentemente potreste trovarvi ad usare, va dunque dato con particolare velocità, come un colpo di frusta, possibilmente accennando una qualche finta con la mano per impedire che venga colto il movimento della gamba in partenza; anche se avete le scarpe, ricordatevi di non colpire assolutamente con la punta (vi farete un male d’inferno e il calcio non servirà a granché), ma piegate le dita all’insù e colpite con la parte muscolare che è alla base delle dita stesse, contraendo i muscoli.
Già questo può garantire un esito discreto, ma non sarà inutile imparare alcuni accorgimenti che possono aumentare enormemente il risultato: (v. foto 2) come prima cosa dovete essere ben salde sulla gamba d’appoggio, senza piegarvi all’indietro, e questo da una parte vi garantisce di non perdere l’equilibrio in seguito al contraccolpo, dall’altra fa sì che la gamba posteriore possa spingere quella che dà il calcio; girate con forza in avanti l’anca [61] corrispondente al piede che colpisce; analogamente a quanto si è detto per il pugno, ricordatevi di richiamare indietro la gamba, non appena ha colpito, possibilmente alla stessa velocità con cui si è mossa in avanti.

disegno 13


FOTO 2

CALCIO FRONTALE

Come prima cosa dovete essere ben salde sulla gamba d’appoggio, senza piegarvi all’indietro, girate con forza in avanti l’anca corrispondente al piede che colpisce; ricordatevi di richiamare indietro la gamba, non appena ha colpito



Dovendo scegliere un bersaglio, direi che i genitali sono quello da preferire: la loro collocazione è ben individuabile (mirare alla bocca dello stomaco è un conto, centrarla è un altro) e il risultato, in termini di messa fuori combattimento, è pressoché immediato e garantito; curiosamente, poi, il maschio, così fiero dei suoi attributi, non si preoccupa molto di proteggerli (salvo che, per ragioni d’immagine, non s’imbottisca la patta di cotone...). Anche il ginocchio è una parte sensibilissima e facilmente raggiungibile, ed è particolarmente indicato nel caso voi siate a terra e il vostro aggressore in piedi. In questo frangente potrebbe essere conveniente, o indispensabile, non ricorrere tanto al calcio in avanti quanto a quello diretto lateralmente, (v. foto 3) la cui dinamica nel karate sarebbe assai diversa, ma che qui possiamo indicare come sostanzialmente simile, salvo che la parte del piede che colpisce è il taglio esterno oppure il tallone.

PIEDE LATERALE


FOTO 3

CALCIO LATERALE

Come bersaglio i genitali. Anche il ginocchio è una parte sensibilissima e facilmente raggiungibile, ed è particolarmente indicato nel caso voi siate a terra e il vostro aggressore in piedi. In questo frangente potrebbe essere conveniente ricorrere al calcio laterale, la cui dinamica è sostanzialmente simile, salvo che la parte del piede che colpisce è il taglio esterno o il tallone.

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Il tallone è l’arma ideale dovendo sferrare un calcio all’indietro: si tratta di una tecnica molto valida, ma difficile, e quindi sconsigliabile se non per colpi a distanza piuttosto ravvicinata contro chi vi sta alle spalle, mirati alle dita del piede, alla caviglia, al ginocchio.
Per quanto riguarda i calci più spettacolari (circolari, volanti, doppiati, ecc.) lasciamoli senz’altro a chi si è addestrato per anni, anche se potrete comunque allenarvi a tirare un calcio frontale mirato verso l’alto, nel caso vi troviate a dover fronteggiare un aggressore di statura medio-bassa: molto difficilmente egli si aspetterà che voi lo colpiate in faccia in questo modo.

GOMITO

È forse una delle armi di difesa più efficaci, la sua potenza può essere devastante e nel corpo a corpo può risolvere le cose in un lampo: a condizione che non si esiti a usarlo con grande decisione nei confronti del viso, soprattutto, ma anche del collo, delle ascelle (particolarmente sensibili, anche se generalmente protette dal braccio), delle costole, dello stomaco.

GINOCCHIO

Analoga considerazione vale per il ginocchio che può efficacemente colpire i genitali, il lato del ginocchio dell’avversario, la schiena. Anche in questa tecnica, decisiva è la violenta contrazione dei muscoli appena prima di colpire.

TESTA

In certi casi, ad esempio se vi hanno completamente immobilizzato le mani e le gambe, potrebbe essere la vostra ultima risorsa: anche qui riflettete bene e cercate di vincere le naturali resistenze che v’impediscono di vedere in questa parte del corpo un’arma. Ricordatevi che la testa non è il viso, e che un colpo ai genitali non vi può provocare alcun danno di ritorno. In realtà l’ obiettivo che potete utilmente colpire con la testa è proprio il viso dell’assalitore: in particolare con la fronte o con la nuca sul naso.

ALTRI MEZZI DI DIFESA


Abbiamo già detto che non è necessariamente un colpo il modo migliore in cui possiamo difenderci in talune situazioni. Oltre ai sistemi empirici accennati (che non vanno per nulla snobbati) ve ne sono di più precisi, legati soprattutto al ju jitsu e al judo: gli spostamenti, gli sbilanciamenti, le proiezioni, le spazzate, le immobilizzazioni, le leve, le pressioni, gli strangolamenti, le parate.
Su di essi, però, non si approfondirà più di tanto, proprio perché richiederebbero un discorso tecnico decisamente complesso e un rigoroso allenamento, estranei agli scopi introduttivi di questo manuale.

Spostarsi, ad esempio, è sicuramente il modo migliore per evitare un attacco: disorienta e mette in difficoltà l’aggressore, ed è più sicuro di una parata, che già di per sé presenta delle difficoltà e che inoltre, per essere davvero efficace, dev’essere immediatamente abbinata a un contrattacco. Uscire con gran velocità dalla traiettoria di un colpo, però, è molto meno facile di quanto sembri, perché richiede un notevole affinamento della capacità di spostamento del corpo, soprattutto in senso rotatorio, che si riesce a sviluppare solo con un allenamento ben guidato da un istruttore.

Analogo discorso vale per gli sbilanciamenti e per le proiezioni. Sui primi, che hanno lo scopo di compromettere la stabilità dell’avversario, onde farlo cadere o colpirlo, osserviamo solo che si basano su una regola molto semplice ma essenziale: spingere a caso o strattonare, generalmente non danno alcun risultato se non quello di perdere tempo ed energie; occorre invece far per perdere l’equilibrio all’avversario assecondando i suoi movimenti, cioè sfruttando la sua automatica aspettativa di incontrare resistenza: se vi spinge dovete tirare e, viceversa, se vi tira dovete spingere. Le proiezioni hanno uno scopo simile, quello cioè di far cadere chi vi ha afferrato o sta per colpirvi: sono il nucleo del judo e richiedono uno studio accurato, quindi rammentiamo solo quella che ricorda il classico sgambetto.

La spazzata consiste nel colpire violentemente con la pianta del piede o col polpaccio la gamba dell’avversario (o tutte e due, usandole entrambe a vostra volta) non per procurargli dolore ma per farlo cadere, quindi mediante un movimento (v. foto 4). circolare ampio, veloce e che prosegue decisamente oltre l’obiettivo (generalmente il polpaccio). Può essere molto utile se vi trovate a terra, ma non improvvisate se non siete sicure di portare a buon fine l’iniziativa, meglio puntare decisamente su un potente calcio.


FOTO 4

SPAZZATA

Anche immobilizzare richiede notevole perizia, quindi vi sconsiglio vivamente di provarci; tuttavia può capitare che voi e il vostro assalitore vi troviate entrambi a terra (ad esempio proprio dopo uno sbilanciamento o una proiezione) e che questi si trovi sotto di voi: se temete che nel rialzarvi egli possa ribaltare le posizioni, potete cercare di bloccarlo; ma costringerlo con le spalle a terra e tenergli le braccia al suolo afferrandolo per i polsi può essere rischioso, perché presumibilmente il vostro peso, inferiore al suo, non sarà sufficiente a impedirgli di sbalzarvi via con un colpo di reni. Meglio, allora, puntare a una presa al collo, (v. foto 5 e 6) stringendolo il più forte possibile con l’avambraccio verso il vostro corpo, con la mano destra che afferra saldamente il vostro polso sinistro; ovviamente essenziale è la forza con cui stringerete, sia per far male sia per guadagnare tempo in attesa di ricevere aiuto: dovrete comunque cercare di poggiare tutto il vostro peso sull’altro corpo, ma per evitare che con le gambe vi agganci o vi colpisca non dovrete stare sopra di lui ma di lato, perpendicolarmente, divaricando le gambe per avere maggior stabilità; badate che se avete i capelli lunghi lui cercherà di tirarli e la cosa ha un ottimo effetto; sia per questo sia per impedire di venir colpita in faccia, premete la vostra testa sulla sua, con la massima forza, e magari usatela per colpirlo sul viso.

FOTO 5 e 6

IMMOBILIZZAZIONE


Comunque, se l’aggressore è a terra potete (v. foto 7) saltare e lasciarvi cadere di peso con il sedere sulla sua pancia o sui genitali; oppure, più brutalmente, colpite il ginocchio col tallone, stendendo bene la gamba e spingendo in giù, lungo di essa, tutto il peso.

FOTO 7

COLPO AL GINOCCHIO COL TALLONE

Tutto sommato, comunque, la soluzione meno rischiosa è cercare di colpirlo (col gomito o con la testa, perché la distanza così ravvicinata potrebbe rendere difficile o improduttivo sferrare un pugno), approfittando del suo momentaneo intontimento per fuggire o replicare.
Ovviamente più favorevole la circostanza in cui l’aggressore si viene a trovare a pancia in giù e voi siete dietro-sopra di lui: passategli il braccio destro intorno al collo, comprimendogli la gola con l’avambraccio, e poggiate la mano sinistra sulla nuca; saldando la mano destra sull’avambraccio sinistro, e sottoponendo collo e nuca a pressioni opposte, otterrete una presa formidabile, che oltre a tutto può provocare un rapido soffocamento.

Le tecniche di strangolamento sono molteplici e vengono esercitate in modi e punti (a livello respiratorio o di circolazione sanguigna) diversi a seconda del risultato che si vuole ottenere, e in genere sono una tecnica prettamente offensiva, mirata addirittura a uccidere. Ce ne occuperemo solo per il caso in cui, ad esempio in un corpo a corpo o se l’assalitore è sopra di voi, è l’unica opportunità che vi si offre: (v. foto 8) premete con forza con l’avambraccio, oppure esercitate con i due pollici una potente pressione sulla carotide, [62] oppure col pollice e l’indice della stessa mano (o gli indici di entrambe) premete a tenaglia, simmetricamente, sulla sommità del collo, appena sotto la mandibola.

FOTO 8

STRANGOLAMENTO

Quest’ultima tecnica (così come premere gli indici tra la mandibola e la mastoide, subito sotto le orecchie), in effetti, più che allo strangolamento fa in qualche modo riferimento all’antica arte cinese di paralizzare il nemico solo attraverso la pressione su determinati punti sensibili, o vitali, del corpo umano. C’è sicuramente dell’esoterico e del leggendario in tutto ciò, ma mi è capitato di trovarmi disteso per terra, intontito, dopo che un maestro esperto in questa pericolosa materia mi aveva semplicemente toccato con un dito in un certo punto del collo.
Le leve, invece, possono essere un ottimo strumento di difesa, perché la loro applicazione richiede una forza limitata (aumentandola, la pressione della leva generalmente arriverà a determinare una frattura), ve n’è una grande varietà, sono efficacissime nel procurare dolore, si possono imparare con una certa facilità. Paradossalmente, però, risulta piuttosto laborioso spiegarle sulla carta, ovvero necessitano forse più di altre tecniche di una sperimentazione concreta, di un lavoro con l’istruttore che è sempre utilissimo ma in questo caso addirittura insostituibile. [63] Ciò nondimeno proverò a descriverne alcune, scusandomi fin d’ora per l’eventuale poca chiarezza e in ogni caso suggerendo di fare delle prove, con la dovuta cautela, insieme a un/una partner.

1. Da dietro afferrategli i capelli [64] con la sinistra (v. foto 9) e tirate verso il basso, afferrate con l’altra mano il suo polso destro e piegategli il braccio verso il centro della schiena sollevandolo verso l’alto. Variante: afferrando con la destra i capelli e il polso con la sinistra, e facendo come sopra, col gomito destro potrete premere sul braccio che viene sollevato: più efficace, ma è più difficile coordinare i movimenti.

FOTO 9

LEVA

2. Da dietro (v. foto 10) agganciategli il collo con l’avambraccio destro e tirate verso la vostra spalla destra fino a farlo aderire contro; con la mano sinistra afferrategli il polso sinistro tirando di lato per stendere il braccio e indietro: col corpo esercitate un forte pressione sul suo gomito.

FOTO 10

LEVA

3. Frontalmente, (v. foto 11) bloccategli l’avambraccio (preferibilmente con la mano opposta) spingendolo verso l’alto e contemporaneamente afferrate il dorso della mano premendolo in basso e verso il suo corpo.

FOTO 11

LEVA

4. Frontalmente, (v. foto 12) afferrategli con la destra il polso destro e spingete in basso, e contemporaneamente ponetegli il braccio sinistro tra gomito e ascella, da sotto. Variante: da dietro, stessa tecnica ma col braccio sinistro dovete come prenderlo a braccetto; così è più efficace, quindi potete mettervi in questa posizione con un rapido spostamento circolare del corpo.

FOTO 12

LEVA

5. A terra (v. foto 13) portate tutto il peso del corpo sul suo ginocchio e afferrategli la caviglia corrispondente tirando verso l’alto. Variante: se lui è in piedi e voi a terra o accucciate, ma sempre rivolte in avanti, premete la sinistra sul suo ginocchio e afferrategli la caviglia tirando in alto.

FOTO 13

LEVA

Per finire parliamo di parate. Karate e kung fu ne prevedono moltissime, tante, ovviamente, almeno quanti sono gli innumerevoli attacchi di pugno e di piede, e non potremo che esaminarne solo alcune, o meglio dei loro adattamenti utili contro i più comuni attacchi. [65]
Si diceva prima che, oltre ad essere meglio evitare che parare, una delle difficoltà delle parate sta nel fatto che la loro reale efficacia dipende in buona misura dal contrattacco che ne segue: in effetti non è proprio così, perché una vera parata in qualche modo contiene già in sé il contrattacco. Facciamo un esempio: immaginatevi un pugno che arrivi diretto al vostro plesso solare, deviandolo avrete indirizzato la forza dell’attacco al di fuori della vostra figura, e basterà questo per sbilanciare l’avversario e metterlo in condizione di subire la vostra reazione.
Condizione preliminare per riuscire a parare è avere una buona guardia: tenere le gambe leggermente flesse, e quindi pronte a scattare, ma ben salde a darvi un ottimo equilibrio; le mani vanno tenute chiuse a pugno (se non altro per evitare di rompervi un dito: lasciamo agli esperti o agli sbruffoni l’uso delle dita come se fossero artigli), a proteggere una il viso e l’altra il tronco: la prima non dovrà essere troppo vicina al volto, altrimenti venendo colpita potrebbe rimbalzarvi in faccia, e la seconda dovrà essere spostata un po’ in avanti, anche per contrastare un’eventuale azione offensiva. Molto importante, anche, è non stare ferme ad aspettare, cioè a subire l’iniziativa altrui, muoversi continuamente senza ripetitività e addirittura - contrariamente a quanto vi imporrebbe il solito “istinto” - cercare di avanzare anche di fronte a un attacco: prenderete di sorpresa chi immaginava di vedervi terrorizzate, diminuirete la forza del colpo (che comunque, se arriva a segno, dovrete incassare contraendo violentemente i muscoli ed espirando con forza, cioè con un atteggiamento analogo a quando colpite), potrete rispondere o magari anticipare. È intuitivo che in genere parerete un colpo con l’arto opposto - cioè specularmente corrispondente - a quello che attacca: pugno destro col braccio sinistro, calcio sinistro col braccio destro, ecc.
Anche qui le descrizioni saranno un po’ prolisse e apparentemente complicate, ma con l’ausilio delle fotografie e qualche prova pratica vi chiarirete senz’altro le idee, e potrete poi allenarvi utilmente.

Un colpo dall’alto verso il basso (pugno a martello, bastonata) va parato con la parte interna dell’avambraccio non ponendo l’arto orizzontalmente - nel tipico gesto infantile di protezione - ma (v. foto 14) alzando il braccio obliquamente, quasi come doveste colpirvi sotto il mento, fino a portare il pugno appena oltre la vostra testa e con il pollice rivolto (ma ben serrato) verso di voi, ruotandolo con forza all’ultimo istante e contraendo.

FOTO 14

PARATA COLPO DALL’ALTO

Un colpo all’altezza del petto o della pancia (pugno, calcio) va parato (v. foto 15 e 16) deviandolo all’interno (es.: un pugno destro alla vostra destra) o all’esterno (es.: un pugno destro alla vostra sinistra): nel primo caso, forse meno difficile perché la risposta è più naturale, il vostro braccio sarà piegato verso l’alto, con le nocche rivolte a sinistra e il pollice a destra, [66] ed effettuerà un rapido movimento semicircolare verso sinistra per colpire con l’avambraccio interno l’avambraccio esterno; nel secondo caso il movimento semicircolare sarà verso destra. [67] Badate di tenere il gomito abbastanza vicino al corpo.

FOTO 15

PARATA ALL’ALTEZZA DEL PETTO


FOTO 16

PARATA ALL’ALTEZZA DEL PETTO

Un colpo rivolto all’addome (v. foto 17) può anche essere parato spingendo l’avambraccio verso il basso, partendo dall’altezza della testa, e quindi deviando in giù il braccio che attacca.

FOTO 17

PARATA ALL’ADDOME

Un colpo all’altezza del viso (v. foto 18 e 19) dovrà essere parato preferibilmente con la tecnica n.1, ma anche la seconda può funzionare.

FOTO 18

PARATA AL VISO


FOTO 19

PARATA AL VISO


Un calcio diretto al ventre (v. foto 20) va parato deviandolo all’esterno, con un deciso movimento dell’avambraccio verso il basso e di lato.

FOTO 20


LE TECNICHE


Se avete retto la lettura fino a questo punto vuol dire che avete proprio deciso di non subire più l’arroganza maschile e di attrezzarvi di conseguenza. Bene, ma se per caso avete preso una scorciatoia, saltando “tutte quelle pagine noiose” e arrivando subito qui per vedere in che modo far passare la voglia al prossimo maschietto che v’importuna, come nel gioco dell’oca dovrete tornare alla casella di partenza. Altrimenti sprecherete tempo a imparare cose che poi in realtà non riuscirete assolutamente ad applicare.

Ma ricapitoliamo i consigli generali già formulati nell’Introduzione:

1. La prima cosa è valutare il pericolo, non sottovalutandolo mai e non facendovi prendere dal panico; mantenere il sangue freddo è assolutamente essenziale.

2. Non incattivite l’aggressore (che sarà quasi sempre agitato, magari più di voi) con comportamenti sprezzanti o urlando inutilmente; assumete piuttosto un atteggiamento remissivo, che potrà favorire l’effetto-sorpresa della vostra reazione.

3. Elaborare immediatamente una strategia non significa mettersi a “ripassare” mentalmente, ma entrare all’istante in uno stato di quiete psicofisica da cui emerga naturalmente l’azione difensiva. [68]

4. Niente eroismi: non siete 007 (o Modesty Blaise) che disarma sempre chi gli punta una pistola alla schiena o un coltello alla gola.

5. Se presumibilmente siete in condizione d’inferiorità fisica, non opponete forza a forza, ma assecondate l’azione avversaria (tirate se spinge, spingete se tira): già questo ne ridurrà la pericolosità e vi metterà nella condizione ottimale per una reazione efficace.

6. L’equilibrio e la mobilità, basati sulle gambe, sono fondamentali per ogni tecnica.

7. Utilizzate tutto il corpo per difendervi e attaccare, e nel modo più semplice: rispetto alle varie tecniche illustrate qui sotto, se non siete sicure non esitate a lasciar perdere e a ricorrere a un forte colpo sul naso o a una ginocchiata nei genitali. [69]

8. Commisurate la vostra reazione alla gravità dell’attacco, ma non abbiate paura di “far male”: un colpo deve far male, e possibilmente risolvere subito il problema, altrimenti è controproducente.

9. Non fate cose inutili (strattoni, movimenti sconclusionati, colpi alla cieca, ecc.) con l’unico risultato di sprecare energie e peggiorare la situazione.

10. Se il vostro colpo va a buon fine, non crediate di essere al sicuro: state in guardia e continuate ad agire, colpendo o scappando.


Così come la casistica esaminata nel primo capitolo non può ritenersi esauriente, anche le situazioni che vedremo adesso non possono coprire ogni eventualità, e comunque restano tutta una serie di variabili rispetto alle quali - proprio in virtù della preparazione mentale e fisica conseguita - dovrete eventualmente adattare le varie tecniche.
Piuttosto che articolare i vari esempi a seconda di dove può avvenire l’aggressione, si è preferita una suddivisione sulla base di come questa può realizzarsi: non che il luogo non abbia la sua importanza (soprattutto per come potreste sfruttare le condizioni ambientali e gli oggetti a disposizione), ma in realtà sono soprattutto le modalità fisiche dell’azione violenta a determinare una risposta piuttosto che un’altra.
Per maggiore chiarezza espositiva, tuttavia, si è scelto di suddividere le tecniche a seconda di alcune situazioni generali, che naturalmente talvolta si possono intrecciare: prese, strangolamenti, scippi, tentativi di stupro.

Ma ancora una volta vorrei sottolineare che non è l’apprendimento in sé delle tecniche che vi può mettere in condizione di difendervi: stabilire un rapporto meccanico fra situazione A e tecnica Z, cioè sapere che a un determinato attacco deve corrispondere per forza una determinata parata e pensare di comportarvi sempre di conseguenza, avrà risultati disastrosi: la realtà dello scontro di strada ha come tipica caratteristica l’imprevedibilità, e quindi il vostro sforzo dev’essere tutto teso, preliminarmente, a:

1. impadronirvi delle potenzialità del corpo (respirazione, riflessi, velocità, forza, potenza, dinamiche);

2. prepararvi mentalmente a reagire in situazioni di crisi;

3. acquisire le principali nozioni sulle tecniche.


Dopo arriva la parte più difficile: lavorare sul coordinamento di questi tre aspetti affinché la vostra risposta pratica sia in grado di adattarsi spontaneamente all’unicità di un’aggressione, a un fatto, cioè, che rientrerà probabilmente nell’ambito di uno degli schemi descritti, ma che si verificherà concretamente con modi e tempi del tutto propri e imprevedibili.

Un suggerimento pratico: per allenarvi evitate gli indumenti abitualmente usati per la ginnastica o per l’aerobica, e preferite piuttosto una robusta tuta; meglio ancora un costume da judo, che, oltre ad essere particolarmente resistente, si presta molto bene a certe prese, che altrimenti dovrebbero essere esercitate a rischio di rovinare l’indumento. Ricordatevi, poi, di togliervi orologio, orecchini, anello, e tutto ciò che potrebbe ferire; se usate gli occhiali o le lenti a contatto, badate che siano di plastica infrangibile o comunque di un tipo adatto.


PRESE


PRESA DI UN POLSO CON DUE MANI


Non strattonate, (v. foto 21) ma torcete il pugno verso il polso e con la mano libera afferratelo e tirate all’indietro; aiutatevi con le gambe, spingendovi all’indietro o colpendo (caviglia o testicoli).

FOTO 21

PRESA DI UN POLSO CON DUE MANI


Se il polso vi viene preso da dietro, non cercate di divincolarvi ma puntate a prendere di sorpresa l’aggressore, [70] tirando un violento colpo, col taglio della mano, in mezzo alle gambe.


PRESA DEI POLSI CON DUE MANI


Torcete i polsi (v. foto 22) in modo da liberarvi facendo forza nel punto dove minore è la solidità della presa, cioè fra il pollice e l’indice.
Se la presa viene mantenuta, e non riuscite a piazzare una ginocchiata nei genitali perché lui sta a distanza, piegatevi bruscamente sulle gambe tirando in giù le mani e chinando la testa: lo squilibrio improvviso lo porterà ad abbassarsi a sua volta e a picchiare la faccia sulla vostra testa; eventualmente “aiutatelo” rialzando di scatto la testa, badando che sia la sua parte dura a colpirgli il viso. A quel punto il colpo di ginocchio ai testicoli dovrebbe senz’altro essere possibile e risolutivo.

FOTO 22

PRESA DEI POLSI CON DUE MANI


PRESSIONE SUL SENO

Si configura senz’altro come un’aggressione, anche se non è particolarmente violenta, e, oltre al significato di una avance erotica, rozza e offensiva, può essere un modo scelto appositamente per provocare forte imbarazzo nella donna, e quindi incertezza e confusione. Seguendo uno dei consigli validi in generale, fingete timore e disagio, fate cioè quello che lui si aspetta: (v. foto 23) ad esempio date l’impressione di coprirvi la faccia per la vergogna, piegando il braccio destro in modo che il pugno (importante: con le nocche rivolte in avanti) si trovi sopra la spalla sinistra e il gomito all’altezza del naso: in realtà avrete caricato il braccio, che dovrà partire come una molla e portare le nocche a colpire violentemente il naso.

FOTO 23

PRESSIONE SUL SENO

Vorrei sottolineare ancora che in questo, come in tanti altri casi, la “teoria” non è applicabile meccanicamente e che prioritario è valutare con grande tempestività la concretezza dell’ evento: se infatti lui vi è molto vicino, il movimento circolare del braccio compirebbe un arco troppo ampio e colpireste il viso con l’avambraccio, senza grandi risultati; potete invece (v. foto 24) sferrare una gomitata sul viso, oppure, senza il caricamento, colpirgli le orecchie con entrambi i pugni (a martello, cioè con la stessa parte della mano adoperata nel colpo di taglio) e utilizzare il suo naturale arretramento per afferrargli i capelli, tirargli la testa verso il basso e dare una ginocchiata.

FOTO 24

PRESSIONE SUL SENO

Per questa e per altre situazioni, fate diverse prove con una partner, e vedrete che di volta in volta le possibili alternative saranno sempre meno accademiche e sempre più automatiche.


PRESA AL BAVERO CON UNA MANO

Anche qui strattonare non serve a niente: (v. foto 25) colpite l’interno del polso con l’avambraccio ( destro se la presa è destra, e viceversa), con un movimento rapido e potente, analogo a quello delle parate n. 2 e ritornate indietro con la massima rapidità a colpire il naso.

FOTO 25

PRESA AL BAVERO CON UNA MANO

Se il colpo al polso non dà il risultato sperato, (v. foto 26) con la mano opposta a quella che vi blocca (meglio, con l’avambraccio) spingete all’esterno il polso dell’aggressore: vi sarete create lo spazio per un forte colpo di gomito al viso.

FOTO 26

PRESA AL BAVERO CON UNA MANO


PRESA AI BAVERI CON DUE MANI

Chiudete le mani a pugno (v. foto 27) e inserite le braccia all’interno di quelle dell’aggressore: il movimento va dal basso verso l’alto e prosegue decisamente allargando all’esterno.

FOTO 27

PRESA AI BAVERI CON DUE MANI


PRESA DEL BRACCIO CON UNA MANO

In genere lui viene a trovarsi al vostro fianco: (v. foto 28) invece di scappare - probabilmente la sua presa ve lo impedirebbe - ruotate rapidamente verso di lui facendo perno sulla gamba che gli è più vicina e portate un colpo al viso. Se la presa è alta, potete tentare (ma dovete esercitarvi parecchio, oltre che prudentemente) una leva difficile ma formidabile: arretrate il braccio preso, portatelo rapidamente dietro al suo e con l’avambraccio premete fra il gomito e la spalla, aiutandovi con l’altra mano.

FOTO 28

PRESA DEL BRACCIO CON UNA MANO

PRESA DEI CAPELLI DA DAVANTI

Con poco sforzo lui vi mette in grave difficoltà e cercare di liberarsi tirando la testa dalla parte opposta serve solo ad aumentare il dolore: (v. foto 29) chinate invece la testa in avanti e con essa colpitegli con forza lo stomaco; accentuate questo primo sbilanciamento afferrandogli, con entrambe le mani, la gamba appena dietro il ginocchio e tirando in modo da farlo cadere all’ indietro.

FOTO 29

PRESA DEI CAPELLI DA DAVANTI


Se lui è troppo basso per potergli dare una testata, o si tiene a distanza, (v. foto 30) andate a coprirgli la mano che tiene i capelli con tutt’e due le mani ed esercitate sul suo polso una forte pressione verso il basso: lui tenderà a chinarsi, abbassando la testa o arretrando con le gambe, offrendo rispettivamente viso o testicoli a una ginocchiata o a un calcio.

FOTO 30

PRESA DEI CAPELLI DA DAVANTI

PRESA DEI CAPELLI DA DIETRO

È decisamente più insidiosa della precedente, perché il dolore provocato è maggiore e vi può portare facilmente a cadere all’indietro: (v. foto 31) potete reagire con la solita gomitata alle costole o al viso, o scegliere di assecondare la spinta all’indietro lasciandovi cadere e contemporaneamente abbracciandogli i polpacci e tirando in avanti: lo squilibrio lo porterà a mollare la presa e potrete sfruttare la sorpresa per ruotare rapidamente e, trovandovi più o meno distesa sopra di lui, colpire al viso.

FOTO 31

PRESA DEI CAPELLI DA DIETRO

STRETTA FRONTALE (braccia libere)

Non si tratta di un vero e proprio attacco, quanto piuttosto di un tentativo di tenere sotto controllo la situazione o della ricerca di un immediato contatto sessuale, esaltato dalla sensazione di dominio, e quindi per lui è “psichicamente e sensualmente gratificante”. [71] Siete dunque in una posizione particolarmente umiliante, ma anche pericolosa, se lui è forte, quindi la reazione dovrà essere immediata e decisa come non mai, facilitata del resto dalle varie possibilità che vi si offrono avendo le braccia libere: (v. foto 32) potrete colpirgli la base del collo con i pugni o di taglio, oppure, di taglio e con entrambe le mani, colpire contemporaneamente la base del collo e quella del naso.

FOTO 32

STRETTA FRONTALE (braccia libere)

Se vi è impossibile, perché lui ha il viso troppo vicino al vostro, ad esempio nel tentativo di baciarvi, (v. foto 33) torcetegli le orecchie all’indietro o premete i pollici sui suoi occhi, o infilate i pollici alle due estremità della bocca (non tra i denti, mi raccomando) e spingete all’esterno, o mordete! Mi rendo conto che queste ultime tre possibilità vi “fanno un po’ senso”, ma non potete illudervi che tutte le tecniche siano fluide e pulite: come ho già avuto modo di sottolineare, tutta l’autodifesa si basa sulla preparazione mentale ad affrontare una situazione sgradevolissima e a reagire con tutti i mezzi necessari.

FOTO 33

STRETTA FRONTALE (braccia libere)

ABBRACCIO

Nel caso lui vi stringa alla vita con un braccio (in quell’odiosa mescolanza di familiarità e sopraffazione che spesso caratterizza certi approcci), col gomito più vicino a lui colpitelo, (v. foto 34) a seconda della distanza, al viso o al plesso solare, e poi con l’altra mano sferrate un colpo di taglio ai genitali.

FOTO 34

ABBRACCIO

PRESA ALLA NUCA

Analogamente al caso precedente, questo può verificarsi non di rado, quando lui voglia imporvi un contatto erotico (in genere un bacio) forzato o improvviso; (v. foto 35) non ritraetevi, ma anzi ponetegli anche voi la mano, o entrambe, dietro la nuca: lo terrete fermo mentre gli piazzate una testata sul naso.

FOTO 35

PRESA ALLA NUCA

Una situazione in qualche modo affine si può creare quando, afferrandovi la testa (ad esempio in automobile) lui cerca di imporvi un rapporto orale: qualche tempo fa una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che, quando questo tipo di rapporto sia stato consumato, non si possono ravvisare gli estremi della violenza, perché le modalità stesse del rapporto implicano un intervento attivo della donna e comunque lo renderebbero inattuabile di fronte a un diniego. Tecnicamente questo è vero, ma ciò che il magistrato ha sorprendentemente ignorato è che la partecipazione della donna può esserci non in virtù del consenso, ma a causa di una minaccia. E siamo daccapo: o siete in grado di superare la paura e di reagire, o siete costrette non solo a subire ma anche ad assecondare la violenza.
L’ovvia risposta all’imposizione del coito orale (il morso) ha come presupposto la vostra disponibilità a proseguire l’azione difensiva rispetto a un frangente particolarmente rischioso (l’aggressore sarà dolorante ma anche infuriato): dovrete cioè colpire ancora, con una testata al mento e un successivo colpo al viso, per neutralizzare una possibile e preoccupante controreazione.

STRETTA FRONTALE (braccia bloccate)

Sentirsi del tutto bloccate è fisicamente pericoloso, ma lo è quasi di più sul piano psicologico, tuttavia questa è una situazione meno difficile di quanto appaia: (v. foto 36) potete senz’altro rispondere con una violenta testata al naso, soprattutto nel caso sia riuscito a sollevarvi da terra; oppure premete con le mani aperte sulle sue cosce e contemporaneamente portate una gamba all’ indietro, tendendola bene: ritraendo il bacino sarete in grado di usare la gamba tesa per dargli una ginocchiata nei testicoli.

FOTO 36

STRETTA FRONTALE (braccia bloccate)

STRETTA DA DIETRO (braccia libere)

Se non avete una qualche esperienza di judo, rinunciate all’idea di proiettare in avanti l’aggressore: non si tratta di una tecnica particolarmente difficile, ma richiede un istruttore che segua concretamente il vostro allenamento; al massimo potete sferrare un violento calcio col tallone alla caviglia e cercare di afferrargli con entrambe le mani un braccio: (v. foto 37) se avete preso il destro, appoggiate a terra il vostro ginocchio destro e facendo perno sulla gamba sinistra ruotate velocemente il busto da destra verso sinistra. Ne deriverà una buona proiezione, ma il mio consiglio è, come sempre, di utilizzare tecniche semplici o di cui, comunque, vi siete ben impadronite: quindi è meglio che vi abbassiate velocemente, gli prendiate una caviglia e cerchiate di rialzarvi di scatto tirandogli la gamba verso l’alto e facendolo cadere all’indietro.

FOTO 37

STRETTA DA DIETRO (braccia libere)

Un’altra buona tecnica (v. foto 38) consiste nel colpire i genitali con un doppio colpo di taglio all’indietro, molto forte e deciso (ad esempio se, invece di avervi fatto una cintura, vi ha semplicemente afferrato da dietro gli avambracci), o con una sola mano dopo aver spostato lateralmente il bacino per creare lo spazio necessario.

FOTO 38

STRETTA DA DIETRO (braccia libere)



STRETTA DA DIETRO (braccia bloccate)

Se la stretta non è particolarmente forte e agite in fretta, potete cercare di liberarvi le braccia (v. foto 39) piegandovi subito in avanti e leggermente di lato per svincolare prima un braccio e poi l’altro; altrimenti ricorrete senz’altro alla testata all’indietro e al colpo di tallone alla caviglia, o anche al singolo colpo di taglio ai genitali descritto appena sopra.

FOTO 39

STRETTA FRONTALE (braccia bloccate)

Chi vi ha bloccato da dietro può averlo fatto per consentire a un complice di rapinarvi agevolmente: ferme restando le indicazioni date nel primo capitolo rispetto ad attacchi armati o da parte di più persone (riassumibili nell’amara constatazione che è meglio subire e limitare i danni al minimo), se vi sentite particolarmente decise e capaci potete attivare un contrattacco combinato (v. foto 40) colpendo simultaneamente con un calcio ai testicoli chi vi sta davanti e con un colpo di taglio ai testicoli chi vi sta dietro.

FOTO 40

STRETTA FRONTALE (braccia bloccate)

PRESA DEI POLSI DA DIETRO

Mentre l’ultima tecnica è ben utilizzabile se vi viene afferrato un solo polso, nel caso lui ve li prenda entrambi ricorrerete alla testa o al calcio all’indietro se lui è vicino, (v. foto 41) altrimenti vi protenderete in avanti e, mirando con la coda dell’occhio, porterete il colpo di tallone ai testicoli.
Se fallite il bersaglio, o comunque lui non molla la presa, insistete [72] a cercare il contatto ravvicinato in modo da ripetere la testata o il colpo ai genitali; diversamente non avete molte soluzioni e dovete per forza applicare una tecnica abbastanza complessa, che richiede l’aiuto attento di un istruttore o di una brava partner: (v. foto 42) alzate il braccio destro e arretrate portando indietro la gamba sinistra, che dovrà venire a trovarsi tra la gamba destra dell’aggressore e la vostra; lo avrete in qualche modo sbilanciato in avanti, quindi, senza soluzione di continuità, riabbassate il destro e con la mano sinistra premete sul suo braccio destro, al livello del tricipite; alzando un po’ l’avambraccio destro, di scatto, riuscirete a liberarvi il polso e dovrete afferrare rapidamente il dorso della sua mano destra, torcendolo mentre continuate la pressione sul tricipite con la sinistra.

FOTO 41

PRESA DEI POLSI DA DIETRO


FOTO 42

PRESA DEI POLSI DA DIETRO

PRESA DEL POLSO DA DIETRO

Se vi ha bloccato piegandovi il braccio dietro la schiena, in una presa dolorosa e che può facilmente essere forzata fino alla frattura, (v. foto 43) dovete avere la forza di non lasciarvi dominare dalla sofferenza e dalla paura che inevitabilmente il dolore causa: la reazione, molto rapida e decisa, si basa sulla rotazione del corpo in direzione opposta a quella del braccio bloccato; se questo, ad esempio, è il destro, farete perno sulla gamba destra, girerete verso sinistra e col gomito sinistro colpirete il viso. Questa tecnica può essere impossibile se vi viene afferrato anche il braccio sinistro: in questo caso (v. foto 44) abbassatevi quanto vi è possibile e sferrate un pugno a martello, all’indietro, nei genitali.

FOTO 43

PRESA DEL POLSO DA DIETRO


FOTO 44

PRESA DEL POLSO DA DIETRO


STRANGOLAMENTI

Si tratta in genere di attacchi molto pericolosi, per i danni che possono provocare e soprattutto per lo scopo estremamente violento che li anima: se qualcuno vi prende per il collo è probabile che voglia uccidervi, ma anche se lo fa in un eccesso parossistico di rabbia è elevato il rischio che non controlli la forza del gesto e che quindi siate comunque in gravissimo pericolo. Dunque rispondete con la massima energia e determinazione, ricordandovi, come prima cosa, di abbassare il mento sul collo e di stringere forte le labbra, di modo che il rigonfiamento dei muscoli del collo ridurrà sensibilmente la pressione sulla laringe.

CON UNA MANO

Se la presa non è particolarmente forte, potrà essere sufficiente (v. foto 44) afferrare il braccio con entrambe le mani, spingere-tirare verso l’esterno per squilibrare l’aggressore e sferrare un calcio ai testicoli. Altrimenti afferrate la mano che vi attacca con quella corrispondente (possibilmente col pollice sopra e le altre dita sotto) e appoggiate l’altra dietro il suo gomito, facendo una decisa pressione con entrambe nella stessa direzione; aiutandovi con tutto il peso del corpo e avanzando di un passo sempre nella medesima direzione, lo costringerete ad abbandonare la presa e a cadere in avanti.

FOTO 45

STRANGOLAMENTO CON UNA MANO

CON DUE MANI

Inserite i pugni, a contatto fra loro e con le dita rivolte a voi, (v. foto 46) tra i suoi polsi e ruotate le braccia verso l’esterno; oppure inserite i pollici tra il mignolo e l’anulare delle sue mani, e spingete all’esterno, sbloccando la presa ed essendo anche in grado di rompere i mignoli; non riuscendo a liberarvi in questo modo (nel caso la presa sia molto potente o lui tenga le braccia o le dita troppo strette), ponetegli un braccio dietro la schiena, come se steste ballando, e stringetelo a voi, mentre con l’altra mano spingerete a palmo aperto sulla base del suo naso: le due spinte opposte risulteranno efficacissime.

FOTO 46

STRANGOLAMENTO CON DUE MANI


Un’altra ottima tecnica (v. foto 47) consiste nell’inserire le braccia all’interno delle sue e afferrargli la testa (per i capelli o incrociando le mani dietro alla sua nuca), tirandola poi verso il basso e colpendola col ginocchio.

FOTO 47

STRANGOLAMENTO CON DUE MANI


CON DUE MANI DA DIETRO

Sia che vi afferri con le mani, sia che tenti di spezzarvi il collo con una presa alla nuca, o che addirittura tenti di strangolarvi con un laccio, (v. foto 48) dovete agire in fretta: non perdete assolutamente istanti preziosi nel cercare di liberarvi con le mani, ma colpite il più violentemente possibile i suoi genitali con il taglio delle mani, badando di aver mosso il bacino in avanti per lasciare spazio al colpo, e coi pugni colpite poi le tempie.

FOTO 48

STRANGOLAMENTO CON DUE MANI DA DIETRO


CON L’AVAMBRACCIO DA DIETRO

Col braccio corrispondente a quello che vi strangola a “cravatta” (v. foto 49) portate un forte colpo di gomito alle costole o allo stomaco: lui tenderà a piegarsi in avanti e allora gli afferrerete i capelli tirando in avanti; subito dopo colpite la caviglia col tacco o stringetegli senza scrupoli i genitali; [73] potete anche tentare una proiezione (ma ho già detto che non sono tecniche semplicissime) allargando la gamba, che farà da ostacolo al suo corpo, flettendo le gambe e ruotando velocemente: in questo caso, con la mano corrispondente al braccio che effettua la cravatta avrete afferrato la spalla e con l’altra il braccio, tirando l’aggressore verso di voi e in avanti, e badando di aderire il più possibile col corpo al suo.

FOTO 49

STRANGOLAMENTO CON L’AVAMBRACCIO DA DIETRO


CON L’AVAMBRACCIO DA DIETRO E CON PRESA DEL POLSO

Questo strangolamento è una variante del precedente, resa più temibile dal fatto che avete una sola mano libera: il calcio alla caviglia e la gomitata sono le prime reazioni, che dovrebbero provocare un allentamento della presa al collo e consentirvi di afferrare la mano che la effettua e staccarla almeno un po’ da voi; (v. foto 50) ruotando la testa verso l’interno potrete liberarla e colpire il viso col gomito; come in un caso analogo, questo colpo, che lo costringerà a lasciare anche il polso, è basato sulla rotazione del corpo in direzione opposta a quella del braccio bloccato; se questo, ad esempio, è il destro, farete perno sulla gamba destra, girerete verso sinistra e colpirete.

FOTO 50

STRANGOL. CON L’AVAMBRACCIO DA DIETRO e CON PRESA DEL POLSO


CON L’AVAMBRACCIO LATERALMENTE

Se questa cravatta [74] è ancora nella fase iniziale (v. foto 51) cercate di sottrarvi alla presa stringendo la testa nelle spalle e abbassandovi, e comunque colpendo forte col gomito il plesso solare; se poi mentre vi flettete riuscite a indietreggiare fino a trovarvi alle spalle dell’aggressore, avete varie possibilità: fuggire, sferrare un calcio sul tendine d’Achille, tirarlo all’indietro per i capelli e colpirlo con una ginocchiata alle reni (attenzione: colpire con forza la colonna vertebrale può essere letale).

FOTO 51

STRANGOLAMENTO CON L’AVAMBRACCIO LATERALMENTE

Nel caso, invece, che la presa al collo sia già ben salda, non tentate di liberarvi dalla stretta agendo con le mani sul braccio che vi ha immobilizzato: come in tante altre situazioni occorre saper valutare i rapporti di forza, rinunciando in partenza a confronti apertamente svantaggiosi e ricorrendo ad alternative più redditizie. In questa circostanza, poi, vista la pericolosità della presa, i tempi di reazione sono per voi decisivi: invece di divincolarvi, rivolgetevi verso di lui e colpite violentemente i genitali o stringeteli con forza.


Questo bersaglio potrebbe però essere fuori dalla vostra portata - ad esempio se vi trovate entrambi a terra - e allora (v. foto 52) dovrete far uso del braccio (anche se, trovandosi all’indietro, vi sembrerà difficile utilizzarlo) più vicino all’aggressore, artigliandogli il viso con le dita: semplicemente graffiando, o premendo forte all’insù la base del naso, o esercitando col pollice una decisa pressione sotto l’orecchio, tra la mandibola e la mastoide.

FOTO 52

STRANGOLAMENTO CON L’AVAMBRACCIO LATERALMENTE


CON DUE MANI A TERRA

Si è già detto quanto possa essere svantaggioso per una donna dover subire il carico di un corpo decisamente più pesante e se a ciò aggiungiamo una presa al collo la situazione è davvero seria: mantenere la lucidità e dosare bene le energie qui diventa d’importanza vitale, dunque la peggior cosa da fare è mettersi a urlare ed agitarsi disperatamente; (v. foto 53) afferrare i polsi di chi vi sta strangolando può essere di qualche utilità solo se contemporaneamente siete in grado di agire anche in altro modo, colpendo l’inguine coi talloni e allontanando l’aggressore, o portando una ginocchiata al viso.

FOTO 53

STRANGOLAMENTO CON DUE MANI A TERRA


Purtroppo, però, è più probabile che ciò non sia possibile, e quindi dovrete senz’altro rinunciare all’istintivo proteggervi la gola con le mani: (v. foto 54) le userete, invece, per attaccare il viso con la maggior cattiveria possibile, mirando alla base del naso e al collo, e non rinunciando anche a infilare le dita negli occhi dell’aggressore. Abbiamo già riflettuto su come certe tecniche possano risultare decisamente ripugnanti, ma nei casi d’emergenza rimangono le uniche risorse su cui contare.

Impiegate un po’ di tempo per esaminare la cosa da questo punto di vista, abituatevi all’idea di dover fare uso di certi mezzi cruenti, sforzatevi di superare il ribrezzo fisico e preparate la mente a non censurare il vostro corpo che vuole sopravvivere.

FOTO 54

STRANGOLAMENTO CON DUE MANI A TERRA

LO SCIPPO

Abbiamo già visto che lo scippatore non vuole farvi del male e che il pericolo per voi sta solo nell’essere trascinata a terra o nel provocare la rabbiosa reazione di chi incontra resistenza: se volete opporvi, allora, fatelo con convinzione e abilità, non soltanto abbrancando la borsa come fosse la vostra creatura, e soprattutto decidete il da farsi [75] sulla base delle considerazioni ambientali esaminate nel primo capitolo.

FRONTALE

Trattenere la borsa forse può servire a scoraggiare lo scippatore, ma questi però generalmente insiste e (v. foto 55) allora dovete sfruttare la direzione dello strappo per ruotare rapidamente (altrimenti rischiate di cadere all’indietro) verso lo scippatore e avvicinarvi alla distanza utile per sferrare un pugno al naso (il movimento rotatorio vi renderà più facile e potente un colpo a martello) o un calcio ai testicoli.

FOTO 55

SCIPPO LATERALE

In realtà lo scippatore preferisce avvicinarsi alla vittima di fianco o da dietro, per essere più sicuro dell’effetto-sorpresa, e questo accorgimento in genere garantisce la riuscita dell’azione; ma se così non avviene (perché tenete la borsa molto saldamente, o lo strappo è stato dato male), avrete il vantaggio di poter resistere meglio allo squilibrio e potrete reagire con tecniche analoghe.


LO STUPRO


Sovente lo stupro avviene in condizioni tali da rendere praticamente impossibile qualsiasi tipo di difesa, perché non c’è un solo violentatore, oppure questi è armato o particolarmente forte, ma è quasi più frequente che in realtà le possibilità di evitare la violenza vi siano ed è quindi essenziale sfruttarle al meglio.

La prima regola, valida sempre ma a maggior ragione in questa evenienza, è non perdere il sangue freddo: ciò che il più delle volte rende inarrestabile la dinamica dello stupro, non è tanto la sua inevitabilità dal punto di vista fisico, quanto l’orrore che tale violenza suscita e la conseguente perdita di controllo da parte della vittima. Non si tratta certo di fattori facilmente neutralizzabili, eppure lo sforzo primario è proprio quello di cercare di mantenere la razionalità soprattutto in situazioni così estreme. Tanto più che la paura e la disperazione della donna sono spesso parte integrante, e talvolta l’elemento principale, dell’impulso che muove il violentatore.
Se il consiglio di reagire con freddezza sembra in ogni caso incongruo rispetto alla drammaticità dell’evento, è però in questa direzione che dovete a tutti i costi orientarvi, cercando di nascondere la paura o, soprattutto, di trasformarla in lucida rabbia, e dunque in forza.
Chiudere le gambe non serve se lui fa pressione, ad esempio con un ginocchio che le divarica, ma se incrociate con forza i piedi l’uno con l’altro la vostra protezione sarà assai tenace. A quel punto, vedendo la vostra capacità di resistenza, lui punterà senz’altro a stroncarla facendovi del male: può essere una prova durissima, ma anche qui dovrete cercare di resistere, annullando lo choc provocato dal dolore con una nuova, furiosa determinazione.
Il suo viso è l’obiettivo: le vostre dita possono essere davvero degli artigli, usatele senza la minima remora, per colpire gli occhi, graffiare, rompere il naso, tirare violentemente i capelli. Sono attacchi dolorosissimi, così come un forte colpo al pomo d’Adamo, tali da provocare una più che probabile interruzione dell’assalto: si tratterà forse di pochi secondi, ma può essere un tempo più che sufficiente per liberarvi; dopodiché, se non avete buone vie di fuga, sappiate che dovrete mettere in campo tutto il vostro accanimento, e aggredire l’aggressore fino a metterlo fuori combattimento o comunque in condizione di non saltarvi addosso. Ripeto: se avete scelto la strada della resistenza, dovrete andare fino in fondo, altrimenti non avrete fatto altro che scatenare ulteriormente il violentatore.
Se vi ha bloccato i polsi, non sprecate energie nel tentare di liberarli, cercate piuttosto di usare la testa per colpirgli il naso, o mordetelo se si avvicina alla vostra bocca.
Resta, naturalmente, la possibilità che non siate riuscite a sostenere alcuna difesa, ma anche in questo caso la partita non è chiusa: la penetrazione (che, pur non essendo necessariamente il momento centrale per lo stupratore, è simbolicamente indispensabile) concentrerà gran parte della sua attenzione e prima che avvenga avrete istanti preziosi per un contrattacco.
Addirittura potreste essere costrette a cambiare totalmente tattica: fingete di “starci”, adulatelo, fategli magari qualche proposta che lo induca ad esibire la propria “virilità”, e poi colpite senza esitare, ovvero suggerite un coito orale e abbiate il coraggio di mordere.


Un ultimo consiglio: dovendovi allenare nelle risposte da dare a un tentativo di stupro, non ricorrete ad una partner, ma cercate la collaborazione di un uomo: ciò vale anche per la maggior parte delle tecniche difensive rispetto ad attacchi di forza, dato che dovrete imparare a fronteggiare con i vostri peculiari mezzi le caratteristiche fisiche maschili cui si accennava (peso, forza, altezza, ecc.). In ogni caso, qualsiasi allenamento va eseguito, certo, con prudenza, ma non con eccessiva timidezza: è di gran lunga preferibile procurarsi qualche ematoma o lussarsi una spalla, ma aver sperimentato delle simulazioni realistiche, piuttosto che aver sprecato tempo a giocare ed aver raggiunto una sicurezza del tutto illusoria. Inoltre, senza voler teorizzare le virtù pedagogiche della sofferenza, farvi un po’ male è davvero indispensabile: se non imparate prima a sopportare il dolore, in uno scontro rischiate di soccombere al primo impatto di qualche entità.

 


Nan-in, un maestro giapponese dell’era Meiji, ricevette la visita di un professore universitario che era andato dal lui per interrogarlo sullo Zen.
Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare.
Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi.
“È ricolma. Non ce n’entra più!”
“Come questa tazza, disse Nan-in, tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”

101 Storie zen

NOTE

[52] Non in senso assoluto, ma sulla base della concreta possibilità di essere un obiettivo per una persona non particolarmente esperta che cerca di difendersi. A maggior ragione, quindi, non si accennerà nemmeno a quelli che sono considerati i 108 punti fondamentali, di cui 36 vitali, dalla medicina cinese.

[53] Lo schema è ordinato a partire dalla parte superiore e anteriore del corpo, e ricomincia dalla nuca verso il basso. Nel dar conto della pericolosità la semplificazione è massima, dati i diversi fattori che la determinano, e per ragioni analoghe si è preferito non indicare l’efficacia ai fini difensivi delle varie tecniche: anche qui essa può variare sensibilmente a seconda della perizia con cui viene portato il colpo.

[54] Kiai, nel karate, Fa Sheng nel kung fu. Ce ne sono vari tipi, a seconda del tipo di tecnica usata, ma qui verrà esemplificata la forma più facile, che è per l’appunto un vero e proprio urlo, mentre nel karateka esperto sarà più che altro un suono solamente modulato dalle corde vocali ma effettivamente provocato dalla violenta contrazione degli addominali e dei ventrali, e dalla conseguente poderosa espulsione dal corpo di aria.

[55] Nell’eventualità di un combattimento questa posizione non avrebbe senso (conviene sistemarsi in modo naturalmente eretto, con una gamba leggermente spostata in avanti ed entrambe molto mobili e rilassate, un pugno all’altezza del viso per proteggersi e l’altro pronto a colpire), quindi è da considerarsi finalizzata all’allenamento. Sull’importante e complesso problema delle posizioni e degli spostamenti del corpo, che qui sarebbe fuori luogo trattare anche per sommi capi, si rinvia a uno dei volumi indicati in bibliografia, in particolare: M. NAKAYAMA, Karate, Mondadori. Scritto da uno dei più grandi maestri, è forse il miglior libro sul karate disponibile in italiano, anche se in buona misura sintetizza la fondamentale pubblicazione, dello stesso autore, in 12 volumi edita dalle Mediterranee.

[56] Sopra si diceva che il pugno, una volta arrivato a segno, deve tornare immediatamente indietro: all’inizio, tuttavia, può essere preferibile allenarsi bloccando il pugno in posizione di arrivo.

[57] È superfluo ribadire che i risultati che riuscirete ad ottenere da sole saranno enormemente valorizzati se troverete il modo di allenarvi con un serio istruttore, che oltre a tutto potrà correggere gli errori d’impostazione che inevitabilmente tenderete a commettere.

[58] G. ROSSATO, Introduzione al “Ju Jitsu Goju Italia", Nuova Editrice Spada, pag. 33.

[59] In effetti l’attrezzo fondamentale per rafforzare le mani e impratichirsi nelle tecniche è il makiwara, descritto in appendice.

[60] Se mirate in faccia, a meno che non siate nipoti di John Wayne non indirizzate mai alla mascella, particolarmente dura, ma al naso.

[61] Nel karate si dice che non si colpisce con la gamba ma con l’anca: significa che è proprio dall’anca che parte la spinta propulsiva, è l’anca che spinge la gamba, non la gamba che tira l’anca.

[62] Attenzione, però: premere sulla carotide e soprattutto colpirla, ad esempio col taglio della mano sul pomo d’Adamo, può essere una tecnica mortale.

[63] Se, infatti, imparare una leva non è particolarmente difficile, può esserlo invece usarla concretamente: se non vi siete allenate molto, al momento buono rischiate senz’altro di pasticciare, e allora è sempre meglio ricorrere a un colpo.

[64] Nel caso, ad esempio, che non lo vogliate far scappare. Tecnica da evitare, comunque, se si tratta di uno skinhead...

[65] Spesso, quando si parla di violenza alle donne, si pensa soprattutto allo stupro e, sul versante opposto, alle molestie più o meno volgari e fastidiose. In realtà sono molto numerosi i casi di donne picchiate (non solo nell’ambito familiare), e non tanto schiaffeggiate, ma prese a pugni e a calci come in un ring senza regole. Insomma, non pensiate che un eventuale aggressore si faccia tanti scrupoli a riempirvi di botte, e quindi non vi sembri eccessivo, o addirittura melodrammaticamente ridicolo, immaginare lui che sta per mollarvi un cazzotto e voi che vi mettete in guardia.

[66] Sempre che usiate l’arto opposto a quello che colpisce, altrimenti il discorso è rovesciato.

[67] Il karateka esperto perdonerà queste versioni semplificate e un po’ approssimative di soto uke, uchi uke, gedan barai, ecc..

[68] Dovrete usare anche la fantasia: fingere - bene - un malore può disorientare l’aggressore, mettersi due dita in gola e vomitare probabilmente non esalterà le vostre attrattive.

[69] Come si è già detto, restano sempre le soluzioni migliori: non sono sempre applicabili, ma il più delle volte sì, quindi, se altre tecniche vi sembrano troppo complicate o non funzionano, ricorrete senz’altro a uno di questi due efficacissimi sistemi. È un’indicazione di validità generale che sarebbe inutile rammentare continuamente, anche quando questi due colpi rappresentano il completamento di un’altra tecnica, ad esempio lo svincolo da una presa.

[70] Che d’ora in poi per comodità chiameremo semplicemente “lui”.

[71] J. L. MAGNERON, Manuale di autodifesa delle donne, Savelli, 1980, pag. 88.

[72] Questo è uno dei pochi casi in cui dovete insistere, proprio perché non ci sono molte altre alternative; in situazioni meno estreme, però, ricordatevi che se una tecnica non funziona subito (perché non la eseguite correttamente o l’aggressore è troppo abile) non dovete ostinarvi, ma passate subito a un’iniziativa differente, anzi, possibilmente del tutto diversa.

[73] Afferrare e stringere con forza i testicoli è un sistema di effetto immediato, in numerose occasioni, e andrebbe utilizzato ogni volta che è possibile.

[74] Vi consiglio caldamente di imparare bene a praticarla: è facile, ma richiede una buona dose di forza per essere davvero efficace. Allenatevi facendo la lotta (v. pag. 27), ma con prudenza: questa cravatta può provocare seri danni, anche la frattura delle vertebre cervicali se facendo pressione sul mento date un forte strattone verso l’alto.

[75] È evidente che si tratta di una decisione da prendersi in un attimo: essendo la dinamica dello scippo molto veloce, potete contare solo sull’automatica opposizione (che lo scippatore spera di evitare ma che ha comunque messo nel conto) allo strattone, ed è in quel preciso momento che dovrete decidere se continuare a opporvi o rinunciare.