Francesco Lembo

Vittoria delle donne: Ellen Johnson Sirleaf sarà la prima presidente donna dell'Africa



Liberia - 15.11.2005. Ellen Johnson Sirleaf sarà la prima donna alla guida di uno stato africano. Contro ogni previsione, la candidata dell’Unity Party è riuscita a battere l’ex “Pallone d’oro”, George Oppong Weah, da molti dato come favorito alla vigilia del ballottaggio. 63enne, politica di professione, laureata ad Harvard, incarcerata durante la dittatura di Samuel Doe e successivamente condannata a morte dal regime di Taylor, ex funzionaria delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale: questo il profilo del nuovo Presidente della Liberia.

Niente brogli. Il confronto politico tra i due candidati, condotto in modo serrato per tutto il periodo della campagna elettorale, sembra ora farsi ancora più acceso. Già nel tardo pomeriggio del 9 novembre, quando i primi risultati iniziavano a delineare la vittoria della Lady di Ferro, il Congress for Democratic Change (CDC, partito di Weah) aveva indetto una conferenza stampa presso il suo quartier generale, denunciando irregolarità nello svolgimento del processo elettorale e sostenendo di essere in possesso di prove certe ed evidenti dell’esistenza di brogli ai suoi danni. Prove che verranno portate all’attenzione della Commissione Elettorale Nazionale. Di contro, l’intera comunità internazionale e le organizzazioni chiamate a monitorare la bontà del processo elettorale si sono espresse in senso contrario, affermando la regolarità delle elezioni e mettendo in guardia su un’eventuale delegittimazione del risultato delle urne che potrebbe condurre a un nuovo conflitto.

Weah non ci sta. Il clima a Monrovia è rimasto sostanzialmente calmo. Non si sono registrati significativi episodi di violenza né durante né dopo il voto. I sostenitori di George Weah continuano a manifestare per le strade al grido di “Brogli! Brogli!”. Su quelle stesse strade, i sostenitori della Johnson festeggiano la vittoria. Tensione e nervosismo sono aumentati a partire dal pomeriggio dell’11 novembre, in occasione di una grande manifestazione organizzata dal CDC davanti alla sede della Commissione Nazionale Elettorale. Alcuni partecipanti hanno iniziato a lanciare pietre in direzione della polizia. “Senza Oppong, nessuna pace”, questo il motto urlato da centinaia di persone, per lo più giovani. Lo stesso George Weah è dovuto intervenire per sedare gli animi dei suoi supporters, invitando tutti alla calma e incitandoli a non perdere fiducia nella vittoria.

Scarsa affluenza. Una sconfitta, quella di Weah, che pare divenire sempre più netta, avendo il divario tra i due candidati raggiunto quasi il 20 percento quando mancano soltanto pochi seggi elettorali da scrutinare. Sconfitta che in pochi, a dire il vero, si aspettavano. Un peso importante è stato sicuramente rivestito dalle alleanze politiche: molti dei signori della Guerra (Prince Johnson, Kromah, Conneh) si sono apertamente schierati a favore della candidatura di Weah, finendo col danneggiarne l’immagine. Altrettanta importanza ha avuto la bassa affluenza alle urne. Molti dei sostenitori di quei candidati risultati sconfitti al primo turno e esclusi dal ballottaggio, si sono astenuti. Soprattutto in alcune contee, i seggi elettorali sono rimasti deserti: spettacolo inusuale per un’elezione in uno Stato africano che da sempre ci ha abituato a partecipazioni di massa e a lunghissime file all’ingresso dei seggi elettorali.

Vittoria delle donne. Sull’altro versante la “Lady di Ferro” si è dichiarata soddisfatta dell’esito della tornata elettorale, sostenendo che questa non è soltanto una vittoria per il popolo liberiano, ma anche una vittoria di tutte le donne. Ad ogni modo, Ellen Johnson Sirleaf si troverà di fronte al non facile compito di trasformare radicalmente un Paese reduce da quattordici anni di guerra. Un Paese in cui non esistono infrastrutture, dove la rete viaria è praticamente inesistente, dove mancano gas ed elettricità e la maggior parte della popolazione è costretta a vivere con meno di trenta dollari al mese. Un Paese in cui la gente non ha accesso neppure ai servizi primari: acqua, cibo, educazione e, fino a poco tempo fa, neppure alla speranza.




Francesco Lembo lavora per l’Unmil, la missione di pace delle Nazioni Unite in Liberia





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