Luigi Cancrini

Quella droga chiamata alcol

L’alcol non si tocca. In Italia l’alcol non si tocca.

Correva l’anno 1980 e in Parlamento si discuteva, molto aspramente, la legge voluta da Craxi (folgorato a Washington, come San Paolo a Damasco, dalle tesi proibizioniste dell’amministrazione americana) per porre fine al tempo della solidarietà con chi sta male e dare inizio a quello del rifiuto. Drogarsi è un reato e “i reati si curano in carcere” si diceva con una norma su cui si accese una polemica violentissima durata fino a quando, due anni dopo, un referendum la abolì. E vivevamo, dunque, un clima di proibizionismo acceso nel momento in cui i deputati dell’allora ancora Pci presentavano in commissione al Senato un emendamento che vietava la pubblicità dei superalcolici. Quando l’emendamento votato per alzata di mano risultò approvato, tuttavia, quella che partì fu una bagarre conclusa da una interruzione della seduta e da una nuova votazione per appello nominale in cui la maggioranza di allora, stretta intorno al grande capo di allora, cambiò il suo orientamento e l’esito del voto.

Produttori e commercianti di superalcolici da una parte, Mediaset dall’altra, avevano imposto, infatti, il loro veto e nessuno nella maggioranza di allora, si permetteva crisi di coscienza non protette dall'anonimato. Dimostrando bene, mi pare, che l'alcol e chi con l'alcol lavora e guadagna, in Italia, non si tocca.

Anche se la maggioranza fece quadrato, allora, intorno all'impegno di intervenire con una legge apposita per affrontare un tema che, secondo loro, non andava confuso con quello delle tossicodipendenre (l'alcol non è una droga, dicevano, e l'alcoolista non è un tossico), nulla è accaduto da allora fino a oggi, infatti, e fino a quando cioè il nuovo Ministro della Salute Livia Turco ha introdotto in Finanziaria due norme molto attese e molto giuste: quella che vietava la vendita di alcol ai minori e quella che vietava la vendita di alcol sulle autostrade.

La ragione per cui anche questa volta l'assemblea non potrà, probabilmente, pronunciarsi su questa proposta è, ancora una volta, di ordine procedurale. Il tema, è stato detto, «non è da finanziaria». Quello che serve è un altro provvedimento: il provvedimento che non c’è, parafrasando Peter Pan, o i1 provvedimento che non ci sarà mai guardando con sano realismo a quello che accade in questo paese da sempre. Perché il nostro è il Paese in cui, secondo i parametri proposti dall'Oms, il problema dell'alcolismo è più grave che in ogni altro Paese del mondo e perché il nostro è, nello stesso tempo, il Paese in cui la legislazione sull'alcol è la più permissiva del mondo. Due fatti fra cui c’è evidentemente un rapporto.

E alla faccia di chi si scandalizza e si agita quando i giovani che tornano dalle discoteche muoiono, il sabato sera, per incidenti la cui causa più comune è l’alcol. Di cui si deve permettere la pubblicità. Che va venduto ai minori e sulle autostrade.

Mi sono occupato di persone con problemi di droga ormai da trentotto anni.

Credo di poter dire con cognizione di causa che l'alcol è a tutti gli effetti una droga. Che causa più morti e più danni da noi, in questo Paese, di tutte le altre droghe. C'è un trionfo inaccettabile di ipocrisia in tutto l'insieme di forze politiche e di istituzioni dello Stato che continuano a fare finta di non saperlo evitando, che se ne rendano conto o no, di portare in aula, sotto gli occhi di tutti, una proposta che a quel punto sarebbe davvero difficile non votare. Da quelli per lo meno che hanno un minimo di buon senso e che ci tengono a farlo sapere a chi li elegge.

l'Unità, 16 ottobre 2006

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