Virginia Cobelli - Grazia Naletto (cur.)

Atlante di un'altra economia. Politiche e pratiche del cambiamento

il Manifesto, 2005, pp. 256, € 18,00

Quale economia dopo il liberismo? Come si possono ridurre le diseguaglianze, riaffermare i diritti sociali e il welfare, tutelare il lavoro, cercare alternative sostenibili nella produzione dei consumi? Alcune strade di cambiamento sono già indicate da nuove politiche - sulla spesa pubblica, il fisco, i vincoli per le imprese, i salari e i redditi dei lavoratori e dei precari - e percorse da esperienze concrete - nell'economia solidale, nel commercio equo, nella finanza etica.
Questo libro presenta una mappa di queste pratiche e politiche alternative in Italia ma con uno sguardo rivolto anche al resto del mondo. Molte di queste esperienze si sono incontrate al Forum "L'impresa di un'economia diversa", organizzato dalla campagna Sbilanciamoci!, che dal 2000 chiede di usare la spesa pubblica per la società, la pace e l'ambiente.
Di fronte alla disastrosa eredità di privilegi e diseguaglianze lasciate dal modello liberista gli studiosi e gli attivisti che hanno contribuito a questo volume indicano percorsi ed esperienze che intendono riequilibrare il rapporto tra economia, politica e società.

INTRODUZIONE

La globalizzazione oggi non funziona per molti poveri del mondo. Non funziona per gran parte dell’ambiente. Non funziona per la stabilità dell’economia mondiale1.

[…] sono i comuni cittadini – che hanno marciato nelle strade di Praga, Seattle, Washington e Genova – sono stati dei normali cittadini, come sindacalisti, studenti e ambientalisti, a mettere l’argomento delle riforme all’ordine del giorno del mondo industrializzato2.

Non è un «estremista» no global ad esprimere queste valutazioni, ma Joseph Stiglitz, premio nobel per l’economia, consigliere economico dell’ex presidente degli Stati Uniti Clinton e, soprattutto, ex direttore della Banca Mondiale. Stiglitz è un sostenitore della globalizzazione. Nonostante questo denuncia quanto i movimenti antagonisti alla globalizzazione neoliberista affermano da tempo: il modello neoliberista è in crisi e non è capace di garantire sviluppo e benessere a livello globale. Sembrerebbe pensarlo persino Confindustria, a giudicare da alcune delle ultime dichiarazioni dei suoi attuali od ex alti dirigenti, intervenuti sulla situazione economica italiana. Che poi ci venga detto da altre parti che questo è il migliore dei mondi possibili, è un altro discorso.
E allora ripensare completamente il ruolo e le finalità dell’economia e della politica per (ri)metterle al servizio della società diventa indispensabile. Ipotizzare politiche economiche e sociali alternative a quelle fondate sullo scambio ineguale tra Nord e Sud del mondo e sulla stratificazione della cittadinanza sociale non è solo una questione di principio, ma diventa anche un atteggiamento di necessario pragmatismo: non solo il sud, ma anche il nord del mondo sembrano ormai non passarsela proprio bene. L’attuale «modello di sviluppo» sta infatti mostrando i suoi limiti anche nei paesi cosiddetti «avanzati», almeno a giudicare dai risultati sull’effettivo benessere di chi ci vive, se per misurarlo, anziché fare riferimento al Prodotto Interno Lordo, si usano indicatori alternativi che valutano il livello di istruzione, di servizi sociali e sanitari, di impronta ecologica che li caratterizzano.3
In questa prospettiva il tema delle politiche pubbliche, e in particolare di quelle di welfare, occupa ovviamente un posto centrale. È a partire dalla loro impostazione e dai loro contenuti che si delinea, nei fatti, l’identità «politica» che un paese decide di darsi. È il modo in cui vengono spesi i soldi pubblici che ci dice quali sono le priorità della società in cui si vive, se al centro c’è l’uomo oppure il profitto, se – per dirlo con una battuta – si è deciso di perseguire la via facile ma pericolosa e di breve respiro del «meno tasse per tutti», oppure quella più difficile ma più seria e di lungo percorso del «più diritti per tutti».
Ma chi decide dove vanno presi e come vanno spesi i soldi pubblici? Chi deve dare l’impostazione generale alle politiche pubbliche? Chi decide se e quale modello di welfare deve essere implementato? La risposta è apparentemente ovvia: i politici e in particolare il governo di turno.
Ma nell’era della globalizzazione, o come molti sostengono del dopo-globalizzazione, il potere politico sembra rispondere quasi unicamente agli interessi dei grandi potentati economici e il distacco tra politica e società è destinato ad allargarsi. Dunque le politiche del cambiamento devono partire «dal basso», anche quando si tratta di temi ostici e apparentemente riservati agli addetti ai lavori. Perché la questione della finanza pubblica, lungi dall’essere prettamente tecnico-economica, ha una grossa valenza culturale. Infatti non si tratta di mettersi tutti a tavolino e, calcolatrice alla mano, definire i meccanismi tecnici di attuazione delle politiche pubbliche, ma di indicare in maniera chiara a chi li dovrà mettere a punto, qual è la «filosofia» a cui si deve ispirare, quali sono i risultati che dovrà perseguire, quali sono le possibili strategie per ottenerli. E poi «vigilare» sull’effettiva corrispondenza tra provvedimenti presi e indicazioni date.
Ma per essere efficace, l’azione dal basso richiede uno sforzo di conoscenza e di elaborazione, di assunzione di responsabilità.
Proprio da questo tentativo ha preso ispirazione la campagna Sbilanciamoci!, nata cinque anni fa, con l’obiettivo di sviluppare un’analisi critica della spesa pubblica – in particolare attraverso la lettura della legge Finanziaria – e di elaborare proposte alternative su come riorientarla per metterla al servizio dei diritti, dell’uguaglianza, della pace, della salvaguardia dell’ambiente.
Questo tipo di lavoro non è del tutto nuovo per le organizzazioni della società civile. L’esperienza di altre campagne, da quelle per la riduzione delle spese militari a quelle delle associazioni ambientaliste per la salvaguardia dell’ambiente, solo per citarne alcune, sono da sempre orientate a un approccio che unisce l’elaborazione di politiche alternative, le pressioni sul Parlamento e la mobilitazione dell’opinione pubblica.
L’originalità e la sfida di Sbilanciamoci! consistono nella scelta di collegare tra loro queste iniziative, di dare omogeneità alle proposte delle 39 organizzazioni aderenti, inserendole in un contesto complessivo di analisi e verifica dei comportamenti del governo. L’ambizione è quella di riuscire a tracciare scenari alternativi, proponendo misure praticabili da subito, evitando qualsiasi forma di corporativismo ed elaborando richieste a beneficio dell’intera collettività.
L’altra sfida è quella di portare queste analisi e queste proposte fuori dall’ambito delle associazioni promotrici, avviando ampie campagne di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Da qui nasce il forum «L’impresa di un’economia diversa», l’iniziativa che si propone come appuntamento alternativo, il primo fine settimana di settembre, all’ormai famoso workshop di Cernobbio, momento di ritrovo del gotha del mondo industriale e politico. Le prime due edizioni del forum si sono svolte a Bagnoli nel 2003 e a Parma nel 2004.
Il sottotitolo dell’edizione di Parma recitava «La società non è una merce: fisco e spesa pubblica per i diritti e lo sviluppo»: tre giorni di discussione e confronto tra economisti, sociologi, sindacalisti, rappresentanti di movimenti, imprenditori, esponenti di realtà di altra economia, per analizzare i processi di globalizzazione, le radici della crisi del sistema industriale italiano e discutere le possibili alternative.
Si è parlato di rilancio del ruolo pubblico nell’economia e di redistribuzione della ricchezza; di difesa e allargamento del welfare e di tutela dei diritti sul lavoro; di salvaguardia dell’ambiente e di valorizzazione del territorio come luogo privilegiato per costruire forme di economia alternativa e di partecipazione sociale; di imprese che non possono non rispondere del loro operato e del loro impatto sociale.
Ma è stata anche l’occasione per presentare il mondo dell’altra economia che esiste già, pratiche ed esperienze che spaziano tra la finanza etica e il commercio equo e solidale, la produzione biologica e il turismo solidale.

Questo libro raccoglie analisi, proposte e testimonianze emerse durante il forum di Parma. L’intento è suggerire le tappe di un percorso capace di stimolare dal basso le politiche del cambiamento in campo economico, politico, sociale, rimettendo in agenda il ruolo centrale dello Stato.
Nella prima parte, oltre ad illustrare le proposte di Sbilanciamoci!, si analizza la crisi del sistema economico neoliberista e si suggeriscono obiettivi, strategie e strumenti che dovrebbero caratterizzare le politiche del cambiamento.
I processi di erosione del welfare, la precarizzazione del lavoro, l’impatto sociale di politiche pubbliche che privilegiano i più forti vengono analizzati invece nella seconda parte, dove trova un’attenzione particolare la difesa del prelievo fiscale, strumento fondamentale che lo Stato ha a disposizione per effettuare una redistribuzione della ricchezza e garantire a tutti i diritti sociali fondamentali.
Nella terza parte viene dibattuto un tema molto delicato, quello della Responsabilità Sociale d’Impresa.
In chiusura «Le esperienze dell’altra economia», le testimonianze di chi già «si muove» per creare circuiti economici alternativi, cambiare gli stili di vita, rendere più responsabili i consumi.
Un caldo ringraziamento va agli autori che hanno accolto l’invito di Sbilanciamoci! accettando di scrivere i contributi raccolti in questo libro. Ringraziamo in particolare Giulio Marcon, Alessandro Messina e Mario Pianta, per i consigli e gli stimoli che ci hanno fornito. Un grazie infine ai compagni e agli amici di Lunaria: questa iniziativa, come molte altre, è resa possibile dal lavoro collettivo con il quale esploriamo le possibilità di costruire un mondo diverso.


NOTE

1 J. STIGLITZ, La globalizzazione e i suoi oppositori, Einaudi 2002, p. 219.
2 J. STIGLITZ, op. cit., p. 8.
3 Sbilanciamoci!, Come si vive in Italia? Presentazione dell’indice di QUAlità Regionale dello Sviluppo (QUARS), giugno 2004, www.sbilanciamoci.org.