Tommaso Padoa-Schioppa

L'errore: tolleranza zero e indulgenza

Il mercato e la democrazia sono istituzioni recenti ed in piena trasformazione, grandi scommesse che l'umanità ha compiuto sulla propria capacità di organizzare la vita associata in forme capaci di dare il massimo di benessere, libertà, sicurezza e pace. Ma poiché l'errore, essenziale alla convivenza democratica, è umano, il mercato e la democrazia possono anche guastarsi
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Da errore occasionale a costume

Una forma estrema di allentamento del meccanismo della sanzione è il trasformarsi dell'errore in costume. È una trasformazione che può giungere sino al punto di determinare una contraddizione tra norma scritta e norma consuetudinaria. Tutti parcheggiano in seconda fila, tutti evadono il fisco. Nessuno onora il suo debito: ricordo un collega di una banca centrale di un Paese socialista che, nell'illustrare il sistema finanziario del suo Paese, 25 anni fa menzionava, tra gli aspetti del suo normale funzionamento, la pratica del «non pagamento». Al motto «l'eccezione conferma la regola» Achille Campanile aggiunse, in un suo aforisma, che «alcune regole sono formate di sole eccezioni; esse sono confermatissime».

Certo, può accadere che il costume sia intrinsecamente migliore della legge che esso viola: il mercato nero può essere un esempio, e talvolta un'economia crollerebbe se l'evasione fiscale cessasse di colpo, o si determinerebbe paralisi se tutte le procedure amministrative fossero applicate alla lettera. In un senso più profondo, non dobbiamo mai dimenticare le parole con cui Antigone si dice vincolata a una legge non scritta ancor più alta di quella scritta. Ma neppure possiamo dimenticare la lezione di Socrate nel Critone, quando egli sceglie di morire per rispetto alle pur inique leggi di Atene. L'illegalità porta sempre con se, anche quando la legge è iniqua, una lacerazione del contratto sociale, perché quel contratto è fondato proprio sulla rinuncia, da parte di ciascuno di noi, a riscriverlo a proprio piacimento. E la democrazia dà a ciascuno i mezzi per contribuire a scriverlo o a riscriverlo.
Che il costume sia migliore della legge che esso viola non è frequente. Assai più spesso accade che la violazione della legge sia mossa non da un senso di giustizia offeso ma dal desiderio di trarre qualche vantaggio contando che, mentre noi violiamo la legge, gli altri l'osservino. Attraverso l'infrazione delle regole ci si appropria dunque di qualcosa che non è nostro: il gergo economico parla di free riding, viaggiare senza pagare il biglietto. Se tutti evadessero il fisco non ci sarebbero più scuole ne ordine pubblico. Se tutti parcheggiassero in seconda, e poi in terza fila, il traffico si paralizzerebbe e i malati gravi morirebbero nell'ambulanza prima di arrivare all'ospedale.
Bisogna anche soffermarsi sulla parola «tutti». Non sono mai «tutti» quelli che praticano l'illegalità. Vi è sempre chi, per educazione e per rispetto di se stesso e degli altri, si astiene dal parcheggiare in seconda fila, paga interamente le tasse e cerca un cassonetto per buttare una carta straccia, quando addirittura non raccoglie quella buttata suI marciapiede da altri. Che grigio possa dirsi il colore di tutti i gatti è interesse quasi vitale del malcostumato cui rimanga un barlume di malafede; di qui la profonda antipatia, quando non la persecuzione, verso il gatto bianco; di qui anche la quasi ossessiva rigidità di comportamento da parte di gatti bianchi che forse, in ambiente diverso, si consentirebbero qualche attimo di debolezza.
Quando il meccanismo di sanzione si è tanto deteriorato da consentire all'errore di diventare esso stesso norma, il processo di correzione diviene estremamente arduo. Si cessa di riconoscere l'errore, ci si rassegna alla sua inevitabilità, si applicano le proprie forze a conviverci piuttosto che a contrastarlo; e questo progressivo degrado cede nuovo spazio all'errore e rende via via più difficile attivare il secondo elemento della correzione, che consiste nel cambiare strada. Non perchè sia venuta meno la possibilità di cambiare strada, ma perché ne è venuta meno la volontà.
Il declino può durare anche molto a lungo. Per un certo tempo, più la decadenza procede più si attenuano le forze che la contrastano. Circa tre secoli durò il declino dell'Italia da quando - in pieno Rinascimento ed essendo allora la parte più ricca, moderna e colta del mondo - fu incapace di darsi ordinamenti politici coerenti con la fase storica che si apriva. L'Europa sta oggi nello stesso bilico.
Affinché s'inneschi un'inversione di tendenza occorre che il costo della decadenza divenga quasi insopportabile: questa era la condizione della Francia alla vigilia della Rivoluzione, dell'Unione Sovietica alla fine degli anni Ottanta. Ma occorre anche che vi siano forze vive, ancora capaci di soffrire e consapevolmente determinate al riscatto. Riscatto e inversione di tendenza richiedono misure straordinarie di mobilitazione degli animi. Possiamo citare la mobilitazione dei siciliani dopo l'uccisione di Falcone e Borsellino, quella degli italiani dopo l'8 settembre, quel grande movimento di rinascita dello spirito civico che giustamente chiamiamo Risorgimento.
Quando un'epidemia è in atto non bastano gli ordinari strumenti di profilassi. Occorrono misure straordinarie di rigore e intransigenza, sostenute da una classe dirigente responsabile e largamente condivise nella società. Perché l'eccezione cessi di fungere da regola occorre una fase in cui nessuna eccezione viene tollerata: «tolleranza zero» fu il motto all'insegna del quale il sindaco Rudolph Giuliani estirpò il crimine, grande o piccolo che fosse, dalla città di New York.

Conclusioni

Mercato e democrazia sono istituzioni sociali, non tecnologie, o regale meccaniche, o mere procedure giuridiche. Le norme che regolano i rapporti economici e quelle che definiscono il funzionamento del sistema di governo sono importantissime, ma sono pur sempre solo la temporanea e perfettibile traduzione in regole di principi più alti e più generali. Non è ad esse soltanto che può affidarsi una società perché il mercato e la democrazia funzionino.
Quando si dice che il mercato e la democrazia sono istituzioni sociali s'intende appunto che del loro principio dev’essere impregnata la cultura di una società affinché essi possano funzionare come meccanismi regolatori della vita economica e di quella politica. Più debole è questa cultura, più imperfetto sarà il funzionamento della democrazia e del mercato, più precaria sarà la loro stessa sussistenza.
Chiunque operi nel mondo, non solo è soggetto ad errare, ha anche il diritto di errare. L'errore dev'essere permesso all'impiegato, al politico, al dirigente, all'imprenditore. Quella combinazione di conflitto e di legittimazione reciproca che è indispensabile al buon funzionamento della democrazia consiste, in fondo, nel reciproco riconoscimento della possibilità dell'errore e nella comune accettazione di meccanismi morbidi di correzione, non il tirannicidio ma la scheda nell'urna; presto o tardi meccanismi duri riprendono il sopravvento se quelli morbidi cessano di funzionare.
Sembra un paradosso, eppure è profondamente vero che i nostri errori sono la nostra guida. Divengono guida tuttavia se e solo se sono riconosciuti come tali; solo in quel momento essi ci prendono per mano e trasformano il nostro errare in cammino orientato ad una meta. Qui sta il nesso fra i due significati del verbo errare: peregrinazione penosa ed azione inopportuna o svantaggiosa. Il riconoscimento intransigente dell'errore costituisce l'atto attraverso il quale il libero peregrinare si dà una meta, un senso.