INTERVISTA A CRICHTON


L’ultimo suo libro affronta temi legati all’ambiente, in particolare punta il dito contro le tesi catastrofistiche. Perché ha scelto di parlare di questo?
È stato un caso, non è stato un argomento che ho scelto ma un argomento in cui mi sono imbattuto. Quando ho cominciato a studiarlo e ho scoperto che i dati, le prove non dimostravano una catastrofe incombente, ma tutto il contrario, ho pensato che era il caso di scrivere una storia su questo.

Non teme che affermare che nell’ecologia ci sia un eccessivo allarmismo porti a diminuire l’attenzione su questo tema e si rischi di favorire chi devasta l’ambiente, chi lo distrugge, chi ne abusa?
No, già a partire dal mio primo libro, che ho scritto 35 anni fa, mi è stato chiesto se non temessi che i miei libri fossero malintesi o sfruttati da qualcuno per i propri scopi, la mia risposta è che non temo questo, io mi fido dei miei lettori e credo capiscano quello che voglio dire.



Nel suo romanzo ci sono diversi bersagli: parte del mondo accademico, le organizzazioni ambientaliste, gli stessi mass media. Da quale di queste categorie ha avuto le accuse più feroci?
Recentemente Dan Brown ha affermato di aver quasi avuto difficoltà, negli ultimi tempi, ad uscire in strada per le accuse che gli vengono mosse. Lei ha registrato episodi di intolleranza o le accuse sono sempre rimaste in termini accettabili?
Penso non si possano separare i media dall’uso che ne viene fatto da parte di alcune persone. Nella mia immaginazione credo che i reporter, i giornalisti scientifici debbano essere indipendenti e penso che un tempo fosse così, ma credo che ormai purtroppo quei giorni siano passati. Almeno per quanto riguarda il campo dell’ambiente, é facile prevedere quello che un giornalista scriverà, a prescindere dalla notizia, dal dato scientifico di cui sta parlando o che è stato riportato da qualche scienziato. Per quanto riguarda Dan Brown, non avevo sentito questa notizia, però per quanto mi riguarda a me non è capitato, forse io sono più alto!



Le ricerche che conduce, accingendosi a scrivere un romanzo, la portano a sviluppare una trama che ha già in mente oppure sono queste stesse ricerche a costruire la trama stessa dell’opera?
Succedono entrambe le cose: abitualmente comincio a scrivere una storia sulla base di un’idea e poi compio ricerche per raccogliere le informazioni che mi servono. In questo caso però è stato il contrario perché avevo del materiale e ho cercato di costruirvi intorno una storia. È stato particolarmente difficile perché sapevo che la mia tesi sarebbe stata rifiutata da molti. Era successa anche a me la stessa cosa: mi ero casualmente imbattuto in certe informazioni, ho cominciato ad interessarmi all’argomento e ho attraversato una fase di shock iniziale. Poi mi sono impegnato a cercare di appurare quale fosse la realtà e le mie convinzioni attuali sono il frutto di un processo molto lungo. Sapevo che era complesso presentare ai lettori le mie tesi in modo appropriato, così da non indurli a respingerle immediatamente e far leggere il romanzo per quello che era.

Quando scrive un libro pensa già al fatto che diventerà un film?
Quando scrivo normalmente non penso al cinema, perché se comincio a chiedermi in che modo una storia può essere realizzata al cinema, se è troppo costosa, se la storia è efficace in termini cinematografici o meno, abbastanza visuale o meno, diventa una confusione ed è molto difficile continuare a scrivere: quando scrivo mi concentro sulla scrittura.



É rimasto soddisfatto delle versioni cinematografiche dei suoi libri?
Di alcuni sì e di altri no. Diciamo che ho lavorato abbastanza nell’industria cinematografica da sapere che sono imprese incerte. In passato nella mia vita mi è capitato di assistere a film tratti dai miei libri e rimanerne nauseato, però devo anche dire che, conoscendo l’industria del cinema, se ci sono uno, due o tre film che sono stati realizzati come buona traduzione dei miei libri, questo è già motivo di soddisfazione. E direi che ce ne sono sicuramente un paio che mi hanno soddisfatto, per esempio Jurassic Park o Rivelazioni.

Premetto che sono una sua appassionata lettrice, ma rispetto ai suoi romanzi precedenti ho visto una differenza sostanziale: credo che i romanzi precedenti presentassero delle tesi funzionali alla storia. Questa volta mi è sembrato l’inverso. Forse perché la tesi le interessava troppo?
Penso che quello che sta dicendo sia vero: a livello più profondo questo libro è stato strutturato per presentare determinate informazioni e sono sicuro che sia un’esperienza diversa per i lettori rispetto ad altri miei romanzi precedenti. Mi sarebbe piaciuto riuscire a realizzare anche questa storia allo stesso modo, ma evidentemente non sono stato abbastanza intelligente o bravo per farlo!

È diventato suo malgrado un attivista, dopo la pubblicazione di questo libro?
Si parla spesso dei nemici che si è fatto, ma quali sono gli “amici non graditi” che si è fatto, dopo la pubblicazione di questo libro?
Per quanto mi riguarda non mi sono fatto dei nuovi nemici, ogni libro può suscitare delle critiche e questo lo si mette già in conto.
Per quanto riguarda nuovi amici era prevedibile che, visto l’argomento, tutte le organizzazioni conservatrici mi avrebbero chiesto di andare a tenere discorsi, ma non è una cosa a cui tengo particolarmente. Non mi vedo affatto come un attivista e non intendo diventarlo.

Una delle affermazioni che mi è piaciuta di più è quella in cui dice: “Sono certo che nel mondo vi sia troppa certezza”. Secondo lei la letteratura, e la lettura in genere, serve a scardinare queste eccessive certezze? E, parafrasando una sua frase, se “nel mondo ci vorrebbero più scienziati e meno avvocati”, forse ci vorrebbero anche più scrittori e meno giornalisti?
Non so cosa renda certe persone così sicure della loro ragione e altrettanto sicure del torto degli altri, è una questione in cui mi sono imbattuto già in passato, in particolare quando ho scritto un libro: Timeline.
In quel libro mettevo in dubbio la presunzione che i nostri antenati fossero degli stupidi e che soltanto oggi avessimo veramente la capacità di guardare avanti e di crescere con sicurezza, perché solo oggi e solo noi abbiamo abbastanza saggezza o intelligenza. Oggi ho più di mezzo secolo, ho visto diverse generazioni e pure non mi spiego che cosa impedisca alle persone di rendersi conto che chi è venuto prima di noi era almeno altrettanto intelligente, aveva altrettante buone intenzioni e possa aver fatto degli errori. Per quanto riguarda Stato di paura, come molti altri miei libri che sono stati scritti molti anni fa e sono rimasti in libreria per decine di anni, potrei scommettere sul futuro di questo libro. Secondo me, fra 35 anni, qualcuno guarderà indietro e dirà: “E’ stato uno dei primi a dirlo”.

Quali autori legge e quale, tra i libri da lei scritti, è il suo favorito?
Può sembrare strano ma non leggo quasi per niente romanzi. Qualche volta ci provo ma in genere non ci riesco, mi sembra tutto “artificiale”, mi attrae invece cercare di capire qualcosa quindi leggo i saggi. Il libro preferito da me scritto è Viaggi.

Alcuni dei suoi romanzi più famosi come
Preda e Jurassic Park parlavano dei rischi che potevano venire dalle nuove tecnologie. In quest’ultimo la scienza appare invece amica. C’è stata un’evoluzione nel suo pensiero oppure dipende dal contesto della storia?
Inoltre da alcune frasi scritte nel romanzo sembra che abbia sentito un po’ di fastidio dell’uomo comune nei confronti del linguaggio molto tecnico e a volte un po’ oscuro della scienza.
Il tema che io individuo alla base di Jurassic Park, di Preda e di Stato di paura è quello delle mostruosità che persone troppo sicure di se stesse credono e pensano di poter creare. Sono persone convinte di possedere la verità assoluta mentre tutti gli altri sbagliano e quindi le conseguenze di questo atteggiamento sono disastrose.
Per quello che riguarda il linguaggio della scienza credo che non sia una novità che la scrittura accademica molto spesso miri a nascondere più che a svelare e che in molti casi venga utilizzato un linguaggio per suggerire o far presumere che un autore sia più intelligente di quello che è veramente.



Lei è un frequentatore di librerie?
Vado in libreria (preferisco le grandi), ma lo faccio sempre più spesso non per acquistare libri ma per altri motivi: per vedere come sono presentati i libri e quali libri sono in commercio. I libri che cerco sono molto difficili da trovare nelle librerie, perché spesso sono usciti di catalogo, così li cerco via Internet. Ma è anche vero che frequentare le librerie può riservare sorprese perché si possono trovare libri che non ci si aspetta.

Ha qualche idea per il prossimo romanzo?
Ho già un argomento per il mio prossimo romanzo. Stato di paura ha richiesto una ricerca molto lunga ed è stato un po’ come fare un dottorato. Spero che il prossimo romanzo richieda meno tempo e anche che non sia un argomento così controverso, temo invece che lo sarà perché ho incominciato a occuparmi di psicologia e, per molti versi, è un tema molto simile a quello del surriscaldamento globale. L’argomento scientifico che trovo più interessante al momento riguarda il comportamento degli esseri umani, come cambierà in un mondo in cui abbiamo sempre meno privacy, siamo osservati in qualsiasi situazione, monitorati nei nostri spostamenti, vengono lette le nostre e-mail.
La domanda quindi che mi pongo è: come cambierà l’esperienza del vivere in una società del genere?


A cura della redazione di iBS


REPLICHE A CRICHTON

Pascal Acot *



Lo scrittore critica l´allarme degli scienziati. Ma è in ritardo rispetto a quanto è stato accertato Non si può quantificare in dollari quanto vale il benessere delle popolazioni Perché non cita le ricerche condotte per quarantacinque anni da Charles Feeling?
Le cose che scrive dimostrano che ha mal interpretato la posta politica.




Le opinioni del romanziere nordamericano Michael Crichton sul riscaldamento terrestre sono argomentate come la maggior parte dei suoi romanzi. Il suo metodo consiste nelllo sviluppare le trame radicandole nella realtà scientifica più scottante: in Andromeda (1969) i rischi scientifici della conquista spaziale, in Congo (1980) l´intelligenza dei primati superiori, in Jurassik Park (1990) le manipolazioni genetiche e in Timeline (2000) l´affascinante universo delle tecnologie dei quanti, per citare soltanto alcune delle sue opere più conosciute. Allo scopo di convincere i suoi lettori, Crichton fa dunque affidamento su certezze scientifiche, in linea generale ampiamente divulgate sulla stampa e pertanto familiari al pubblico.
Il suo vero talento consiste in seguito nel fare entrare il lettore nel suo immaginario estremo, senza che egli se ne renda conto. Quella che è un´apprezzabile dote nell´ambito della fantascienza potrebbe però diventare un brutto vizio se si tratta dell´avvenire del pianeta. In effetti Michael Crichton da una parte si colloca in ritardo di qualche anno rispetto alla controversia sul riscaldamento del clima, mentre dall´altra la sua dissertazione riguardante i costi e l´inutilità della lotta contro le emissioni dei gas serra fa trapelare il fatto che egli ha mal interpretato la posta politica in gioco.
Nel corso del XX secolo la temperatura media del pianeta in effetti non è aumentata che di qualche decimo di grado centigrado, ma in nessun modo ciò sta a significare che tale riscaldamento sia insignificante: 18.000 anni fa, con soltanto pochi gradi di temperatura in meno, il Canale della Manica si attraversava a piedi, e senza neppure bagnarseli. Michael Crichton ci dice che le proiezioni numeriche rappresentate oggi dai modelli informatici dell´evoluzione climatica globale sono inadeguate e che le loro performance sono mediocri. È indiscutibile: non un solo ideatore di tali schemi ne è soddisfatto. Il nocciolo della ricerca attuale è esattamente quello di controllare attentamente tali imperfezioni, quanto più lo consentono le prestazioni dei supercalcolatori.
Che nell´atmosfera l´anidride carbonica non esista se non sotto forma di tracce (0,03%) e che sia il vapor acqueo ad avere un ruolo fondamentale nell´effetto serra, anche questo è risaputo da tempo. Ma il rapporto tra l´aumento della quantità di anidride carbonica e il riscaldamento climatico nel corso del XX secolo è evidente, piaccia o no: lo provano incontestabilmente i 45 anni di rilevamenti effettuati a Mauna Loa (alle Hawaii) da Charles Feeling. Perché Michael Crichton non ne parla? D´altro canto, se esistono forti sospetti sulla correlazione tra attività solare e riscaldamento del clima, l´entità e l´importanza del fenomeno restano ancora da precisare.
In verità, la sola questione davvero importante che oggi ci viene posta è quella delle vere cause del riscaldamento: sono "naturali" o "antropiche"? Ancora adesso gli esperti della Commissione intergovernativa sull´evoluzione del clima (Intergovernmental Panel on Climatic Change, Ipcc) non considerano dimostrata in modo inconfutabile l´origine umana del riscaldamento. Da questo punto di vista i rapporti che l´Ipcc ha inviato «all´attenzione di chi decide» sono riepiloghi spesso avventati e allarmistici, che di strettamente scientifico hanno poco. Ma l´opinione pubblica lo ignora, perché la stampa la informa sulla base di questi riepiloghi. Tuttavia, i climatologi sono concordi: conviene agire, senza attendere che gli esperti parlino in via ufficiale, e raccomandano pertanto l´applicazione del "principio precauzionale". È vero: oggi tale principio è pletorico, ma è forse questa una ragione sufficiente per rinnegarlo? Rinunceremmo forse al principio democratico col pretesto che in molti Stati del mondo ci si fa beffe della democrazia?
L´idea avanzata da Crichton, secondo cui l´applicazione del Protocollo di Kyoto costerebbe molto di più dei benefici ambientali che ne deriverebbero, insiste a voler quantificare in dollari o in euro quanto vale una specie animale, quanto vale il benessere delle popolazioni dell´oceano indiano minacciate da un eventuale innalzamento del livello dei mari. Per quanto riguarda la lotta all´Aids, invece, non è affatto chiaro che cosa essa avrebbe da guadagnare, se si rinunciasse a lottare contro i tragici effetti del riscaldamento del pianeta sulla società. In realtà, il problema dell´Aids in Africa è essenzialmente collegato al sottosviluppo, che attualmente rende impossibile qualsiasi efficace campagna di prevenzione. Paradossalmente, il costo dei farmaci è di secondaria importanza, perché anche qualora essi fossero distribuiti gratuitamente, le infrastrutture sanitarie del continente africano sono talmente fatiscenti che sarebbe molto difficile, se non addirittura impossibile, procedere alla loro distribuzione.
Ciò non toglie che Michael Crichton conferisce oggettivamente importanza alla nuova strategia dell´Ocse (Organizzazione di Cooperazione e Sviluppo Economico) in materia di ambiente. Nel 2004 il direttore della sezione ambiente di tale organizzazione, Lorents Lorentsen, ha dichiarato: «È già troppo tardi per contrastare alcuni cambiamenti climatici provocati dalle attività umane», e di conseguenza secondo lui dovremmo piuttosto «adattarci alle conseguenze dei cambiamenti climatici, quali l´aumentata frequenza di episodi meteorologici straordinari e l´innalzamento del livello dei mari (Osservatorio Ocse, Strategia per l´ambiente dell´Ocse: la via da seguire, maggio 2004)». Che paradosso una simile affermazione, sfuggita all´attenzione dell´opinione pubblica, proprio nel periodo in cui le ingiunzioni a ridurre le emissioni di gas serra si sono fatte più incalzanti che mai! E se per i paesi facenti parte dell´Ocse (e che sono i più ricchi del mondo) si trattasse semplicemente di tenere sotto controllo l´utilizzo dei combustibili fossili nel corso del XXI secolo?
Questa sì sarebbe una bella trama per un romanzo. Potrà mai piacere a Michael Crichton?



Filosofo di formazione, è ricercatore di Storia delle scienze presso il CNRS. Da più di trent'anni studia la storia dell'ecologia scientifica e delle scienze ambientali. Tra i suoi libri, Storia dell'ecologia, Lucarini, 1989 e Storia del clima. Dal Big Bang alle catastrofi climatiche, Donzelli, 2004.


Crichton o la scienza immaginaria

Franco Carlini



Ormai è chiaro: alla pagine culturale di Repubblica comprano articoli dall'America un po' a casaccio, dopo di che li traducono e li mettono in pagina senza porsi domanda alcuna né contestualizzarli. Questo avviene soprattutto sulle questioni scientifiche. Nelle settimane precedenti avevano preso un pezzo di un biologo americano che «coraggiosamente» giocava a fare lo spregiudicato sostenendo che le razze esistono, eccome. Dovettero riparare il giorno seguente dando la penna a uno dei più solidi e preparati giornalisti scientifici italiani, Franco Prattico.
Questa volta è Michael Crichton, il prolifico scrittore americano che sta lanciando anche in Italia il suo ultimo libro, Stato di paura, Garzanti. É un romanzo, già recensito il 14 febbraio da Carola Frediani su questo giornale, dove i cattivi questa volta sono gli ecologisti e il politicamente corretto ambientale. Il volume include ampie note che vogliono dare una veste di credibilità scientifica al romanzo. Così, in occasione della sua venuta a Milano al Museo della Scienza, gli addetti stampa hanno concordato con il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari una primizia, il testo della sua relazione, corredato di diapositive, che dovrebbero illustrare la sua tesi prevalente (e non solo di Crichton, anche di Bush).

Esse così si riassumono:

1. il riscaldamento globale non è nuovo, già altre volte nella storia della vita sulla terra ci siamo riscaldati e raffreddati.
2. Quello dell'ultimo secolo non è poi gran cosa.
3. La sua causa prevalente non è detto che sia l'aumento di gas serra, e soprattutto di CO2 nell'atmosfera.
4. Il Trattato di Kyoto comporta una spesa pazzesca e allora sarebbe meglio dirottare quelle somme ai grandi mali del mondo che sono povertà e Aids.

In definitiva, sostiene Crichton, chi tanto si occupa del riscaldamento globale è vittima e artefice di «dottrine reazionarie e antiumanitarie del vecchio ambientalismo, volgendo le spalle alle grida di dolore chi in questo mondo muore di fame e soffre di malattie che possiamo curare». Il resto invece sono «fantasie».
Il libro, assolutamente da non leggere, ecciterà molto i politicamente scorretti italiani, ma non manca di errori e imprecisioni, proprio lui che a ogni nota cerca di cogliere in fallo gli scienziati. Sostiene per esempio che i ricercatori non sono in grado di spiegare come mai la temperatura nel ventesimo secolo prima salì, poi scese e poi risalì di nuovo: la spiegazione in realtà è stata fornita da anni, basta leggere la letteratura scientifica.
La rivista inglese Nature ha felicemente definito questo volume («saggio» proprio non lo si può definire) «un Viagra per gli scettici ambientali», ma la cosa più irritante, che emerge anche dal testo pubblicato da Repubblica, è la caricatura della scienza che egli ci propone.Il gioco è questo: prendere delle frasi testuali dei rapporti sul clima, per esempio quelli dell'Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), notare come essi stessi facciano affermazioni caute e allora esclamare: vedete che nemmeno loro ci credono e ci giurano! Quello che Crichton sembra ignorare è che ogni ricercatore, in qualsiasi campo, starà ben attento a delimitare l'ambito delle spiegazioni che fornisce. Questa la prima regola del ricercatore: fin qui arrivo, forse, a spiegare, più in là non si può ancora andare. E per ogni risultato, specialmente di quelli sperimentali, si indicheranno i margini di errore (e viceversa di solidità).
É del tutto sciocco e antiscientifico che lo scrittore americano se la prenda con i modelli climatici al computer e finga di scandalizzarsi perché essi riescono solo in parte a riprodurre e modellizzare il clima del passato. La cosa meravigliosa, dovuta sia al progresso delle conoscenze che alla disponibilità di macchine da calcolo sempre più potenti, è che «in qualche misura» ci riescano, mentre prima per immaginare il tempo si guardavano i fondi di caffè o il volo degli uccelli. Se vuole certezze assolute, Crichton dovrà rivolgersi altrove. Se vuole studiare, invece, può navigare nel sito web http://www.realclimate.org/, messo in piedi da un gruppo di scienziati stufi di veder circolare dati fasulli e racconti alla Crichton.


il Manifesto 11.05.05