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Modena 1950 |
Modena,
9 gennaio 1950, gli operai protestano contro i licenziamenti
alle Fonderie Riunite, interviene la polizia che spara uccidendo
sei lavoratori. Questo il testo del discorso del Segretario
del PCI Palmiro Togliatti pronunciato ai funerali.
Alle
salme dei sei cittadini di Modena, caduti nelle vie di questa
città il giorno 9 gennaio, ai familiari affranti dal lutto,
alla città intera, che abbiamo visto stamane ancora impietrita
dallo stupore e dal dolore, ai lavoratori di Modena e di tutta
l'Emilia qui convenuti e qui presenti, porto l'espressione della
solidarietà e del cordoglio profondo del Partito Comunista
Italiano, del partito di Antonio Gramsci, del partito che lavora
nello spirito di Lenin e di Stalin.
Credo però che nessuno, in questo momento ed in questa
circostanza, vorrà contestarmi il diritto di recarvi l'espressione
della solidarietà e del cordoglio di tutti gli italiani
i quali hanno senso di umanità e di fraternità civile.
Vero è che in questo momento, dì fronte alla maestà
infinita della morte, di fronte allo schianto dei familiari e
al dolore di tutto il popolo, di fronte agli occhi vostri pieni
di lagrime, io sento soprattutto la vanità dì tutte
le parole umane.
Ma parlare bisogna, perché voi, compagni e fratelli nostri,
non siete caduti vittima di un tragico equivoco. Prima di voi,
nelle stesse condizioni, per le stesse cause, altri lavoratori
sono caduti e continuano a cadere. La fine vostra è indice
di una tragedia che investe tutto il popolo, che tocca la vita
stessa della nazione italiana.
Ed allora parlare bisogna, e chiaramente bisogna parlare; e debbono
parlare chiaramente, prima di tutto, i partiti e gli uomini che
si sentono legati al popolo da inscindibili legami, e che sentono
rivolgersi verso di loro la fiducia e l'attesa dei lavoratori.
Bene hai fatto, o città di Modena, città eroica
e gloriosa, medaglia d'oro della guerra per la libertà
d'Italia, madre di lavoratori coraggiosi e disciplinati; bene
hai fatto ad avvolgere le bare di questi tuoi figlioli caduti,
nel drappo dei colori nazionali. Questo drappo e questi colori
sono il simbolo della nostra unità, dell'unità della
patria e dì tutti i cittadini italiani nella difesa dei
valori essenziali della nostra esistenza. Tutta la nostra vita,
tutta la vita e tutta la lotta del nostro partito, ci fanno fede
che io non vorrei pronunciare, in questo momento, altre parole
che non fossero un appello severo ad unirsi tutti, davanti a queste
bare, per deprecare ciò che è accaduto, per respingere
questa macchia dalla realtà della vita del nostro paese.
Ma voi, voi siete stati uccisi!
In uno Stato che ha soppresso la pena di morte anche per i più
efferati tra i delitti, voi siete stati condannati a morte, e
la sentenza è stata su due piedi eseguita nelle vie della
città, davanti al popolo inorridito.
Chi vi ha condannati a morte? Chi vi ha ucciso? Un prefetto,
un questore irresponsabili e scellerati? Un cinico ministro degli
interni. Un presidente del consiglio cui spetta solo il tristissimo
vanto di aver deliberatamente voluto spezzare quella unità
della nazione che si era temprata nella lotta gloriosa contro
l'invasore straniero; di aver scritto sulle sue bandiere quelle
parole di odio contro i lavoratori e di scissione della vita
nazionale che ieri furono del fascismo e oggi sono le sue?
Voi chiedevate una cosa sola, il lavoro, che è la sostanza
della vita di tutti gli uomini degni di questo nome. Una società
che non sa dare lavoro a tutti coloro che la compongono è
una società maledetta. Maledetti sono gli uomini che, fieri
di avere nelle mani il potere, si assidono al vertice di questa
società maledetta, e con la violenza delle armi, con l'assassinio
e l'eccidio respingono la richiesta più umile che l'uomo
possa avanzare: la richiesta di lavorare.
È stato detto che questo stato di cose deve finire. È
stato detto: basta!
Ripetiamo questo basta, tutti assieme, dando ad esso la solennità
e la forza che promanano da questa stessa nostra riunione. Ma
dire basta, non è sufficiente, perché gli assassinii
e gli eccidi si succedono come le note di una tragedia, in modo
tale che non ha nessun precedente nel nostro paese, e che tutti
riempie di orrore. Non è sufficiente dire basta, dobbiamo
impegnarci a qualche cosa di più. Noi vogliamo la pace
sociale e la pace tra i popoli. Anche a questo governo ed agli
uomini che lo dirigono abbiamo offerto e chiesto una politica
di distensione e di pace. A milioni di lavoratori che appoggiavano
questa nostra offerta e richiesta, si è risposto con le
armi da fuoco, con l'assassinio, con l'eccidio. Non possiamo non
tener conto di questa risposta. È di fronte ad essa che
dobbiamo assumerci un nuovo impegno.
Come partito dì avanguardia della classe operaia e del
popolo italiano, coscienti della nostra forza che ci ha consentito
di conchiudere vittoriosamente cento battaglie, ci impegnarono
ad una nuova, più vasta lotta, in difesa della esistenza,
della sicurezza, degli elementari diritti civili dei lavoratori.
Ci impegniamo a svolgere un'azione tale, di propaganda, di agitazione,
di organizzazione, che raccolga ed unisca in questa lotta nuovi
milioni e milioni di lavoratori, tutte le forze sane del popolo
italiano. Ci impegniamo a preparare e suscitare un movimento
tale, un sussulto proveniente dal più profondo stato di
cose che grida vendetta al cospetto di Dio.
E voi, compagni e fratelli caduti, Angelo Appiani di anni 30;
Alberto Rovati di anni 36; Arturo Malagoli di anni 21; Ennio Garagnani
di anni 21; Renzo Bersani di anni 21; Arturo Chiappelli di anni
43, riposate!
Non oso, non son capace di dirvi: riposate in pace! Troppo breve,
troppo tempestosa, tragicamente troncata è stata la vostra
esistenza. Troppo grave è l'appello che esce dalle vostre
bare.
Ma voi, madri, sorelle, spose, non piangete! Non piangiamo, lavoratori
di Modena. Sia l'acre sapore delle lagrime, per non piangere,
inghiottito, stimolo aspro al lavoro nuovo, alla lotta!
Dobbiamo far uscire l'Italia da questa situazione dolorosa. Vogliamo
che l'Italia diventi un paese civile, dove sia sacra la vita
dei lavoratori, dove sacro sia il diritto dei cittadini al lavoro,
alla libertà, alla pace!
Andiamo avanti, grazie allo sforzo unito di tutti i lavoratori,
di tutto il popolo italiano; nostra deve essere, nostra sarà
la vittoria!
Allora anche voi, compagni e fratelli caduti, riposerete in pace!
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