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Giulietto Chiesa
Cronache
marxziane
Fazi, 2005,
€ 13,50 |
"I piani d'attacco contro l'Afghanistan erano sul tavolo
di George Bush il 9 settembre. Non li firmò, ma mi sembra
assolutamente straordinaria la coincidenza di quelle date. II
9 deve decidere l'attacco, ma rimanda. Cosa aspettava?»
È solo una delle mille domande disseminate lungo il testo
di una intervista-fiume di Massimiliano Panarari a Giulietto
Chiesa, giornalista di grandissima esperienza, grande conoscitore
della Russia e dell'Oriente, oggi parlamentare europeo e commentatore
del quo tidiano La Stampa.
II volume, che, parafrasando un classico della fantascienza sociologica
si intitola Cronache marxziane ha forse il suo limite
maggiore nella formula scelta: quella dell'intervista, che può
apparire inadatta ad un libro che più che dibattere o approfondire
delle tesi filosofiche o politiche intende essere sopratutto un
formidabile strumento di approfondimento sui fatti, sugli avvenimenti,
sui retroscena dello scenario internaziona le degli ultimi anni.
La forza di Chiesa sta nella sua .grande conoscenza degli argomenti
di cui tratta, ma anche nella sua cruda propensione a scansare
i luoghi comuni, il minuetto del politically correct
di sinistra: non sono molti ad esempio a potersi permettere di
scrivere, pane al pane «a me pare che la maggioranza
degli ebrei israeliani non voglia concedere ai palestinesi un
proprio Stato», a parlare di «irrazionalità
pura, che porta il popolo che ha subito sulla propria pelle l'orrore
assolutioche e l'abominio dell'Olocausto a perpetuare un ulteriroe
olocausto sui palestinesi, trasformandosi da vittima in carnefice."
C'è un'intenzione piuttosto chiara, nel libro, che rientra
in una corrente di pensiero che per fortuna va affermandosi in
parti significative del mondo occidentale, basti pensare allo
straordinario successo dei documentari di Michael Moore: è
quella di andare oltre le verità ufficiali, di scavare
più in profondità, di continuare a chiedersi "perché?",
come ammoniva qualche anno fa un altro giornalista "scomodo"
come Robert Fisk dell'Independent. È necessario,
se si vuol essere capaci di sopravvivere alla gigantesca ondata
di propaganda che copre la cosiddetta "guerra al terrorismo",
ma è una necessità che si applica alla storia non
meno che la presente: "Io penso - spiega Chiesa
nel primo capitolo delle Cronache Marxziane - che
la questione di una rilettura integrale del dopoguerra sarebbe
necessaria e urgente. La devastante potenza dell'Impero ce lo
impedisce e non per caso: altrimenti capiremmo da dove siamo venuti
e come siamo arrivati alla situazione presente».
Un esempio? Dopo Stalingrado, i russi erano passati all'offensiva
e sono entrati in Germania "travolgendo ogni resistenza"
e di fatto decidendo le sorti della guerra prima dello sbarco
in Normandia. Ma a noi «viene raccontata la favoletta
di Esopo dei buoni americani che vengono a sconfiggere i cattivi
nazisti, portano la democrazia, fanno tutto da soli, I'Unione
sovietica è come se non fosse mai esistita.»
Così, nel mirino di Chiesa finiscono una dopo l'altra le
verità ufficiali, dalla "democratizzazione" russa
gestita con il telecomando dalle grandi istituzioni finanziarie
e politiche americane (con i progetti di legge già tradotti
dall'inglese in russo e faxati dall'Università di Harvard
all'epoca dell'amministrazione Eltsin) alla mostruosità
dell'idea della guerra umanitaria, alle campagne di disinformazione
sull'Iraq e sul Medio Oriente in generale.
Si può non condividere la lama affilata con la quale taglia
giudizi, scolpisce scenari soffocanti e unilaterali di un nuovo
Grande fratello mondiale; si può dubitare della sua teoria
del "superclan" di potere che governa
il mondo, ma non si può non apprezzare la lucidità
di Chiesa quando, polemizzando con il giornale con il quale collabora
mette in gioco se stesso, di fatto, come complice della rappresentazione
faslata, illusoria, del pluralismo: "È un bene
- spiega amaro - che Giulietto Chiesa possa scrivere ogni
tanto un breve articolo destinato a venir ospitato sulla Stampa,
in modo da produrre per l'opinione pubblica la prova provata dell'esistenza
del pluralismo. Tanto gli editoriali - quelli che esprimono la
vera linea del giornale - verranno affidati a Enzo Bettiza, o
a Barbara Spinelli. Ma Giulietto Chiesa, relegato in un colonnino
a pagina 26, ed Enzo Bettiza che stila l'articolo di fondo verranno
venduti come se fossero esattamente la stessa cosa, altrettante
manifestazioni del fatto che la società attuale consente
la perfetta e piena pluralità delle voci, come mai accaduto
nel passato.»
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