Il più colossale crack della storia aziendale mondiale si affaccia su uno scenario economico già percorso dai venti della crisi e manda scosse elettriche a Wall Street. Il colosso texano dell'energia Enron - settimo gruppo americano per ricavi, secondo la classifica di "Fortune", protagonista e pionere del trading anche in Europa - è a un passo dal fallimento dopo una giornata drammatica: la Dynegy Corp ha ritirato ufficialmente la sua offerta di acquisto-salvataggio accusando la controparte di disonestà nelle trattative; Standard Poor ha declassato il debito della Enron al livello di "junk"; i suoi titoli sono crollati di un altro 85% a 0,61 dollari; la sua piattaforma di trading online ha interrotto le operazioni. In tarda serata persino dalla Casa Bianca e dal Tesoro Usa - oltre che dalla Commissione federale preposta all'interscambio di energia tra Stati - sono arrivate indicazioni secondo cui la vicenda Enron è «seguita con attenzione» per valutarne gli effetti sui mercati. E la società stessa, preparandosi al peggio, ha costituito un apposito comitato per fronteggiare le cause giudiziarie in arrivo. Potrebbe quindi concludersi nel peggiore dei modi la travagliata saga del più grande intermediario dell'energia d'America, con un giro d'affari superiore ai 100 miliardi di dollari. Una parabola tutta in ascesa fino a quest'anno, un titolo che poco più di un anno fa aveva toccato un massimo superiore a 90 dollari in contemporanea con l'annuncio di ambiziosi piani di espansione nelle telecomunicazioni. Dalla crisi energetica californiana allo scandalo finanziario, il 2001 ha portato la crisi nell'azienda di Houston. Guai aggravati dopo che la società è finita nel mirino delle autorità americane per avere gonfiato i propri utili di 591 milioni di dollari nei tre anni tra il 1997 e il 2000, e per avere omesso di registrare in bilancio transazioni che di fatto hanno consentito di sottostimare il proprio indebitamento di 2,6 miliardi di dollari.
La Enron è stata colpita da una prima ondata di vendite lo scorso ottobre, quando i primi dettagli delle malversazioni sono emersi, ma il salvataggio offerto dalla concorrente Dynegy - anch'essa texana - era riuscito ad arginare lo scivolone dei titoli in Borsa. La Dynegy era disposta inizialmente a pagare 9,4 miliardi di dollari in azioni proprie per una società cinque volte più grande di lei. Dopo un'analisi dei libri contabili della Enron, definiti complessi e indecifrabili, il prezzo è stato abbassato a 4,2 miliardi di dollari ma nemmeno ciò è stato sufficiente a salvare l'operazione.La Dynegy nel frattempo aveva iniettato 1,5 miliardi di dollari nelle casse della Enron per mantenerla in vita, e oggi conta di impossesarsi in cambio del gasdotto Northern Natural Gas che collega il Midwest al Texas. Sempre ieri la Enron ha dichiarato di avere sospeso tutti i pagamenti ad eccezione di quelli necessari per mantenere in vita le proprie operazioni di base, ma è stata costretta a chiudere la sua piattaforma online EnronOnline, che genera il 60% del suo volume di affari giornaliero. La fiducia del mercato nelle sue possibilità di rimanere a galla sono tuttavia ormai vicine a zero: ora che il suo debito è stato declassato a "junk" l'azienda dovrà ripagare entro la fine dell'anno 3,9 miliardi di dollari di obbligazioni. La Enron aveva strappato titoli di prima pagina ben prima di diventare protagonista di uno dei più grossi scandali finanziari della storia recente. Quella della Enron fu infatti definita una vera e propria "success story": grazie a tattiche aggressive di espansione, l'adozione di nuove tecnologie per l'intermediazione online e una serie di eclatanti investimenti, l'azienda del Texas aveva visto esplodere il proprio fatturato da 9,5 miliardi di dollari nel 1995 a 100,8 miliardi di dollari nel 2000.
Molti operatori del settore dell'energia, inclusa la Dynegy stessa, si sono affrettati a sottolineare che il possibile fallimento della Enron non rappresenta il fallimento della "rivoluzione" da essa avviata nel campo dell'intermediazione. La sua uscita di scena potrebbe recare comunque gravi danni non solo al mercato americano dell'energia ma anche a quello europeo, dove la concorrenza si sta lentamente infiltrando in un settore fino a pochi anni fa controllato dalle aziende statali. La piattaforma EnronOnline era diventata il modello universale per broker e società energetiche nell'intermediazione elettronica. La vicenda Enron viene seguita da vicino anche dal London Metal Exchange, di cui la Enron Metals (grazie all'acquisizioni della Mg perfezionata nel maggio 2000) è uno dei ring dealing member. Enron Online è specializzato nel business-to-business (B2B) sui mercati dei metalli e dell'energia: per alcuni prodotti, quali il gas naturale, la dimensione degli scambi sul portale Enron era divenuta tanto ampia da influenzare la formazione dei prezzi sui mercati ufficiali.
3 dicembre 2001
Enron, debiti per 13,2 mld $
con oltre 2.500 creditori
Sono oltre 2.500 i creditori delle diverse società del gruppo Enron, la settima realtà industriale degli Stati Uniti (101 miliardi di dollari di fatturato al 31 dicembre 2000), che il gigante delle multiutility di Houston ha inserito nella lista consolidata presentata alla Corte fallimentare distrettuale del Distretto meridionale di New York per chiedere di essere "protetta" dalle loro richieste in attesa di avviare una ristrutturazione integrale del proprio indebitamento.
Una procedura, quella del Capitolo 11 della legge fallimentare statunitense, che la corporation texana ha invocato ieri per poter continuare l'attività in attesa di trovare un accordo globale con i creditori. Il dissesto di Enron è scoppiato dopo la fine delle trattative per la fuzione con Dynegy, un altro colosso Usa dell'energia, quando la società partner ha sollevato pesanti rilievi sui conti, sulla correttezza degli amministratori e della società di revisione di bilancio di Enron, la Arthur Andersen, che hanno portato al declassamento a livello "junk" del debito del gruppo texano.
La situazione finanziaria e debitoria del gruppo dell'energia è estremamente intricata ma la stessa Enron ha provveduto a fornire alcune indicazioni sulla propria esposizione. I dati che riportiamo sono tratti dal sito Internet della società di Houston: si tratta di cifre imprecise perché "fotografano" una realtà in evoluzione costante a una data precisa, dopo la quale possono essersi verificate modifiche dei conti.
L'esposizione debitoria e i maggiori creditori
Secondo i dati forniti ai giudici fallimentari attraverso lo studio legale Weil, Gotshal e Manges della Quinta Avenue di New York, che cura l'intera procedura legale per tutte le società del gruppo, il 31 ottobre 2001 la Enron Corporation, holding di Houston a capo delle attività, aveva asset complessivi per 24,76 miliardi di dollari a fronte di debiti complessivi per 13,15 miliardi di dollari. La stessa Enron Corporation indica che sono due le imprese che al 30 settembre scorso controllavano oltre il 5% del proprio capitale votante: Axa Financial Inc., con il 5,75% dei diritti di voto, e Janus Capital Corporation con il 5,54 per cento.
Al 23 novembre, secondo i dati depositati dallo studio legale Weil, Gotshal e Manges, tra i primi venti creditori di Enron Corporation cui facevano capo le maggiori linee di credito non garantite apparivano innanzitutto Citibank, con due linee per un totale d 3 miliardi di dollari, seguita da Bank of New York con numerose linee di credito per un totale di 2,447 miliardi di dollari, quindi Chase Manhattan Bank per complessivi 1,908 miliardi di dollari circa.
Nel complesso, ai primi venti creditori non garantiti al 23 novembre scorso facevano capo esposizioni per un totale di 7 miliardi e 364 milioni di dollari. Si tratta, lo ripetiamo, di cifre indicate dalla stessa Enron Corporation tramite i propri legali che potrebbero rivelarsi imprecise a causa di eventuali movimenti successivi non ancora notificati alla Corte fallimentare di New York.
Ma la stessa Enron il 21 novembre scorso ha annunciato di aver chiuso un contratto di finanziamento per 1 miliardo di dollari (interamente garantiti da asset materiali quali le proprie quote nella Transwestern Pipeline Company) stretto con JP Morgan e Salomon Smith Barney del gruppo Citigroup Inc. Secondo Enron l'operazione, secondo un comunicato stampa, era stata avviata insieme ad altre azioni di ristrutturazione del debito bancario e delle obbligazioni per "sostenere la liquidità".
La situazione finanziaria a bilancio
Proprio la liquidità pare essere, secondo una prima veloce analisi, uno dei problemi dei conti di Enron. Secondo le ultime informazioni di bilancio comunicate dal gruppo Enron alla Sec, la Securities and Exchange Commission (l'equivalente della Consob italiana), nel bilancio consolidato trimestrale al 30 settembre scorso erano indicato asset per 61,78 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 64,93 miliardi di dollari circa contabilizzati al 31 dicembre scorso. Al 31 dicembre 1999 invece il bilancio consolidato registrava asset complessivi per 33,38 miliardi di dollari.
Una sommaria analisi delle movimentazioni evidenzia che la svalutazione principale (per 5,3 miliardi di dollari circa) emerge nelle attività correnti: su questo fronte, nei rendiconti degli ultimi 9 mesi, sono state apportate svalutazioni per 3 miliardi di dollari ai fondi rischi su prezzi.
Sul fronte dell'indebitamento consolidato, invece, i dati al 30 giugno scorso riportavano la somma di 12,812 miliardi di dollari, in crescita di poco meno di 2 miliardi di dollari rispetto ai 10,857 miliardi di dollari registrati al 31 dicembre 2000.
3 dicembre 2001
Enron, identikit del colosso
dai piedi di argilla
Enron, settimo gruppo industriale negli Stati Uniti per fatturato (101 miliardi di dollari nel 2000), è sull'orlo della bancarotta dopo il "no" sancito nei giorni scorsi dalla concorrente Dynegy sulla fusione, quando la società partner ha sollevato pesanti rilievi sui conti, sulla correttezza degli amministratori e della società di revisione di bilancio di Enron, la Arthur Andersen.
Con asset a bilancio per un totale di 50 miliardi di dollari, la Enron è la maggiore società americana ad avere mai fatto ricorso al Capitolo 11, il paragrafo della legge fallimentare statunitense sull'amministrazione controllata.
L'identikit di un gigante delle multiutility
Enron è stata costituita nel luglio del 1985 dalla fusione di Houston Natural Gas e InterNorth di Omaha, Nebraska. La società di Houston, Texas, i cui titoli sono quotati al New York Stock Exchange (Nyse), al 31 dicembre 2000 gestiva asset valutati 47,3 miliardi di dollari, tra i quali oleodotti e gasdotti lunghi 30mila miglia e 15mila miglia di reti in fibre ottiche. Il gruppo Enron è attivo in oltre 40 Paesi con 21mila dipendenti.
Presidente e amministratore delegato di Enron è Kenneth L. Lay, copresidente e Chief operating officer, direttore generale, è Greg Whalley, mentre Mark Frevert è vicepresidente.
Sono tre le principali aree di business di Enron: l'area Wholesale Services comprende il marketing e la logistica mondiale di commodities, con servizi di management finanziario e del rischio, con la controllata EnronOnline, il sistema di trading in rete di commodities che consente di transare istantaneamente con prezzi in tempo reale un range di commodities dell'energia e dei settori correlati. EnronOnline, lanciato il 29 novembre 1999, ha realizzato 550mila transazioni per un valore complessivo degli scambi che nel 200 ha raggiunto i 330 miliardi di dollari; l'area Energy Services comprende il business retail, con la fornitura di energia e di soluzioni di faility management in outsourcing per la clientela mondiale, sia commerciale che industriale; infine l'area Global Services, che gestisce gli asset del gruppo compresi oleodotti e gasdotti, la Portland General Electric, gli impianti internazionali di produzione di energia elettrica, le attività di distribuzione e il business dell'engineering; a quest'area fanno capo le controllate Enron Wind; Eott Energy Corp, Azurix e Wessex Water.
La presenza mondiale del gruppo
La presenza internazionale del gruppo è ripartita in due divisioni: Enron Americas, che gestisce il business commerciale wholesale relativo al gas naturale e all'elettricità in Nord, Centro e Sudamerica, incluse le attività di trading, marketing e sviluppo dei nuovi asset; Enron Europe che gestisce il business commerciale wholesale in Europa, Australia e Giappone e a cui fa capo Enron Metals.
Le attività europee di Enron sono state fondate nel 1989, dopo la liberalizzazione del mercato elettrico del Regno Unito, con lo sviluppo e la realizzazione di una centrale elettrica da 1,875 Megawatt (MW) a turbina a gas a ciclo combinato (Ccgt) a Teesside, nel Regno Unito. Dal 1996, Enron è tra i principali operatori elettrici del Regno Unito e dei Paesi scandinavi e i piani della società prevedevano un ruolo leader nella liberalizzazione dei mercati elettrico e del gas naturale nei Paesiu dell'Europa continentale. Enron ha sviluppato, partecipa e gestisce direttamente o insieme a terzi centrali elettriche in Italia, Polonia, Turchia, Spagna e nel Regno Unito con una capacità complessiva di 5.974 megawatt.
Conteso tra Enron e Dynegy uno dei primi gasdotti Usa
Anche il sistema del gas naturale negli Usa è a rischio per il dissesto di Enron. La crisi finanziaria che serra in una morsa il colosso texano rischia di avere contraccolpi su alcuni dei maggiori impianti di distribuzione.
Secondo quanto dichiarato venerdì 30 novembre dal gigante energetico statunitense Dynegy, il gasdotto Northen Border Pipeline non rientrerà nella bancarotta della Enron, qualora il gruppo Usa dovesse finire in amministrazione controllata. Si tratta di un gigantesco sistema di collegamenti, lungo 1.249 miglia, che trasporta gas naturale dalla frontiera tra lo Stato Usa del Montana e quello canadese del Saskatchewan ai mercati del Midwest e poi, lungo altre 350 miglia attraverso il Midwestern Gas Transmission System, da Portland, Tennessee, a Joliet, Illinois.
Nonostante abbia fatto saltare la fusione con Enron, Dynegy sostiene infatti di aver comprato il gasdotto per 1,5 miliardi di dollari (1,688 miliardi di euro al cambio attuale, pari a quasi 3.270 miliardi di lire) in azioni privilegiate dalla società proprietaria dell'impianto, la Northern Border Partners, che ne controlla una quota del 70 per cento e i cui partner principali sono la stessa Enron, con una quota del 9,2% e William Companies con lo 0,4%, mentre il restante 90,4% è flottante. «Per effetto di questo acquisto - dice Dynegy in un comunicato - Northen Natural Gas non può intraprendere determinate azioni, compreso l'avvio delle procedure di bancarotta, senza il nostro consenso». Inoltre Dynegy intende perfezionare l'acquisto del gasdotto entro il 12 dicembre. Enron, però, non è d'accordo.
Dalle stelle al rischio di bancarotta
Da numero uno mondiale del trading di energia a maggiore crack della storia finanziaria, Usa e internazionale. Questo il cammino percorso in pochi anni da Enron. Per sei anni la società texana era stato insignita del titolo di impresa più innovativa da "Fortune".
Enron ha conosciuto uno sviluppo vertiginoso con la liberalizzazione del mercato Usa del gas nel 1987. La società, che inizialmente gestiva solo gasdotti, iniziò a diversificarsi nel settore elettrico, poi in quello idrico e infine nelle telecomunicazioni, per dedicarsi infine al trading di prodotti energetici nella seconda metà degli anni novanta, conquistando in pochi anni una posizione di leadership sui derivati legati all'energia, ma anche in altri settori.
Grazie a un'aggressiva strategia di espansione e all'adozione delle tecnologie di intermediazione online, il fatturato di Enron era passato dai 9,5 miliardi di dollari del 1995 ai 101 miliardi del 2000. Nei 12 mesi a fine settembre la cifra d'affari ha toccato 180 miliardi, il 75% dei quali forniti dalla gestione della rete Internet di transazione sui contratti energetici, Enron Online. L'utile operativo nel 2000 è stato di 1,27 miliardi e di 1,97 miliardi nei dodici mesi a settembre. Le attività a fine 2000 ammontavano a 47,3 miliardi (il che "assicura" il primato del crack) con una rete di oleodotti e gasdotti per 49mila chilometri e una rete di fibre ottiche di 25mila chilometri.
A dare il primo colpo è la crisi energetica californiana, ma a scuotere veramente la fondamenta del gruppo è la scoperta di un'inchiesta della Sec, il "gendarme" di Wall Street, per avere gonfiato gli utili per tre anni e per avere "tralasciato" nel bilancio alcune transazioni che hanno permesso di sottostimare il debito. Scatta così la prima ondata di vendite sul titolo e arriva anche la "bocciatura" delle agenzie di rating. In due settimane la società brucia 17 miliardi di dollari di capitalizzazione. Il titolo aveva toccato un massimo di 90 dollari poco più di un anno fa. In questi giorni a Wall Street l'azione è quotata meno di un dollaro.
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