Diego Bertozzi

La caccia alle streghe in USA: la fobia del complotto


Uno stato d'animo che dimostra il permanere del "complesso degli assediati" vissuto dai primi coloni in lotta con un territorio minaccioso e i guerrieri indiani.

A plot against America ("Il complotto contro l'America") è il titolo dell'ultimo romanzo dello scrittore statunitense Philip Roth, più volte candidato al Nobel per la letteratura.
Nel libro il presidente F .D. Roosevelt è sconfitto nelle presidenziali del 1940 dal repubblicano Charles Lindbergh, l'aviatore famoso per la trasvolata dell'Atlantico del 1927, ma noto antisemita e filonazista. Per il neo presidente sono gli ebrei che cospirano per l'ingresso degli USA nel secondo conflitto mondiale. Per le comunità ebraiche americane cominciano anni bui fatti di campagne di assimilazione gestite dall'"Ufficio per l'assimilazione americana", sradicamento e veri e propri pogrom. Alla base di tutto questo c'è un complotto ordito a Berlino per la nazificazione degli USA e che vede il presidente Lindbergh e i suoi ministri nel ruolo di marionette mosse da mani naziste.
Perché iniziare un articolo di storia citando un romanzo, un parto di fantasia, per quanto verosimili siano i suoi personaggi? [1] Perché offre al lettore temi che hanno attraversato diverse fasi della storia degli Stati Uniti: quello del complotto ordito dall'estero, e sostenuto da traditori interni, e quello, conseguente, della fedeltà ai valori americani. In questo viaggio a tappe nella storia americana vedremo che il succedersi di molte "cacce alle streghe", di campagne di repressione del dissenso interno, coincide con la presenza, reale, presunta o ingigantita ad arte, di una minaccia esterna.

In estrema sintesi, si tratta della rappresentazione dell'oppositore come quinta colonna al servizio del nemico. Costruzione propagandistica che, inoltre, possiamo utilizzare come una possibile linea interpretativa dell'attuale politica americana della guerra infinita al terrorismo caratterizzata, oltre che dalla proiezione militare esterna, da misure restrittive delle libertà, come dimostrano i due "Patriot act", e dal ritorno in grande stile della retorica della lotta tra il Bene e il Male. [2]

 

Il ritorno delle streghe di Salem

Ancora un salto nella letteratura: affidiamoci ad un altro grande americano come Arthur Miller che ne Il crogiuolo, dramma storico sulla famosa caccia alle streghe avvenuta a Salem nel 1692, così descrive le paure di un paese che si sente sempre minacciato da forze diaboliche: "Negli Stati Uniti un cittadino che non si dimostri reazionario è esposto all'accusa di complicità con l'Inferno Rosso. Così si dà all'opposizione un aspetto disumano che poi serve a giustificare l'abrogazione di ogni costume normale nei rapporti civili. Si pretende che un atteggiamento politico equivalga al diritto morale, e ogni critica è una malignità diabolica. Quando si traduce in atto una simile equazione, la società diventa una congerie di complotti e controcomplotti." Parole scritte in pieno maccartismo che mostrano la permanenza e il riemergere di una sorta di "complesso da assediati" che vissero i primi coloni americani circondati da una foresta vergine percepita come ultimo baluardo del Diavolo. Non è un caso, a questo proposito, che nelle prime fasi del processo di colonizzazione del territorio americano i nativi venissero indicati come bestie, diavoli e adoratori del demonio. [3] Con quest'ultimo, inoltre, i condannati a morte, i torturati e gli imputati di Salem erano accusati di aver stretto un patto per la disgregazione della comunità.

Prima tappa: la rivoluzione

La storia della repressione contro traditori e nemici interni nasce con la rivoluzione americana del 1776, prosegue durante la guerra con le truppe britanniche e si protrae nella fase di stabilizzazione politica e sociale degli anni immediatamente successivi alla vittoria.
Tra gli Stati che nascono durante la rivoluzione, la Pennsylvania è generalmente ricordato come quello che si diede la costituzione più democratica. Ma è proprio qui che vediamo all'opera i più diversi metodi repressivi messi in campo dalle nuove autorità per reprimere il dissenso e costringere alla lealtà alla causa. Sono questi gli anni in cui nasce l'accusa di antiamericanismo. Parlare o scrivere contro la "causa americana" comporta il carcere, diventa obbligatorio giurare fedeltà alla nuova costituzione e denunciare alle autorità ogni indizio di tradimento.
Le disposizioni delle autorità sono draconiane: il Consiglio di sicurezza ha la facoltà di punire anche in maniera sommaria tutti coloro che "con la loro condotta o con i loro discorsi in genere potevano essere ritenuti ostili alla causa comune della libertà e degli Stati Uniti del Nordamerica".
Ancora più chiara la legge sulla professione di fede: "Tutti i maschi al di sopra dei diciotto anni devono giurare fedeltà allo Stato, rinunciare alla fedeltà al re, promettere di non pregiudicare in alcun modo la libertà e l'indipendenza della Pennsylvania, e di denunciare tutti i tradimenti e le cospirazioni che si trovino a scoprire. Chiunque rifiuti di giurare non potrà ricoprire alcun ufficio, non potrà fare parte di una giuria, non potrà citare in giudizio per recuperare crediti, non potrà eleggere né essere eletto. [...] Se insiste nel rifiuto di prestare giuramento, potrà essere incarcerato e tenuto in prigione senza possibilità di cauzione finché non giurerà o dichiarerà fedeltà alla Pennsylvania."

A tenere saldamente in mano le redini del potere e a godere della pienezza dei diritti politici e civili è in sostanza una minoranza. Vittime principali della repressione sono i quaccheri, tenacemente legati alla fede pacifista. In Gran Bretagna, invece, come sottolinea lo storico americano Francio Jennings, il dibattito sul conflitto con i coloni rimane aperto, membri del parlamento si schierano a favore della causa americana, vengono rifiutati contributi volontari alle forze armate e la stampa non subisce censure.
Negli anni successivi alla vittoria il pericolo è individuato nel radicalismo sociale: le autorità vogliono impedire che la rivoluzione che ha trionfato sulla Gran Bretagna sfoci in una rivoluzione sociale a sostegno di una democrazia vera e propria. I primo allarme era scattato nel 1786 con la ribellione dei contadini impoveriti e indebitati dell'Ovest guidata dal veterano della rivoluzione Daniel Shays. La risposta governativa fu affidata alla repressione dell'esercito e alle condanne a morte. Non a caso i ribelli vengono additati come agenti degli inglesi per mettere in difficoltà la giovane repubblica.
Ma, ora, lo spettro è quello dello sbarco oltre Atlantico dell'influenza di una rivoluzione francese sempre più radicale. Nel 1798 il presidente Adams vara una serie di leggi che colpiscono sediziosi e filofrancesi: al presidente è conferito il diritto a deportare "tutti quegli stranieri che egli giudicherà pericolosi o tali da essere sospetti di terribili macchinazioni" e a punire con multe o carcere "qualunque scritto falso, scandaloso e malevolo contro il governo degli Stati Uniti."

Dieci sono gli americani che finiscono in prigione per aver pronunciato frasi contro il governo. Pochi, certo, ma queste misure mostrano come si siano fermato sulla carta lo spirito della dichiarazione d'indipendenza del 1776. E così la democrazia diventa un pericolo, un possibile strumento di rivolta popolare come sottolinea Alexander Hamilton, uno dei leader della rivoluzione americana: "Tutte le comunità sono divise fra i pochi e i molti. I primi sono i ricchi, i secondi la massa del popolo. [...] Il popolo è turbolento e mutevole; raramente giudica o decide rettamente. Date perciò alla prima classe un ruolo permanente nel governo [.]. Soltanto un organo permanente può frenare l'imprudenza della democrazia."

Seconda tappa: la prima guerra mondiale

L'ingresso degli Stati Uniti nel 1917 nella prima guerra mondiale a fianco dell'Intesa contro la Germania Guglielmina è battezzato come una crociata per la libertà e la democrazia. Principi che contrastano la torsione autoritaria che si verifica all'interno del paese: inizia, per dirla con le parole dello storico John L. Thomas, "una piramide repressiva" nella quale "la tradizionale distinzione americana fra pubblico e privato si dissolse in una confusione di organismi patriottici in competizione fra loro". Inizia una caccia alle streghe patriottica coordinata dal federale Commitee on Public Information, diretto dal giornalista Gorge Creel, e messa in pratica anche da gruppi di vigilantes, fautori di vere e proprie azioni squadriste contro pacifisti e dissidenti. Il Comitato finanzia ben settanta cinquemila oratori che svolgono centocinquantamila discorsi in diverse città degli Stati Uniti. Nel Minnesota la Commissione di sicurezza pubblica procede alla chiusura di bar e sale cinematografiche, promuove la circolazione di prodotti favorevoli alla guerra e invita i "patrioti ad unirsi allo sradicamento delle attività e delle opinioni sediziose". Interviene attivamente anche il New York Times con un editoriale nel quale si ricorda che è "dovere di ogni buon cittadino comunicare alle autorità preposte ogni manifestazione di slealtà di cui potrebbe venire a conoscenza". All'impressionante campagna propagandistica e all'invito all'autocensura, si accompagnano drastiche misure legislative come l'Espionage Act (1917) e il Sedition Act (1918).

Il primo prevede salate multe e vent'anni di prigione per chi causa ammutinamento, tradimento o insubordinazione propagando false notizie o affermazioni; il secondo, più severo e completo, colpisce chiunque pronuncia, scrive e diffonde "qualsiasi forma di linguaggio infedele, profano, scurrile od offensivo circa la forma di governo degli Stati Uniti".
Ma chi sono le nuove streghe? Sono sindacalisti e militanti della sinistra pacifista che subiscono l'arresto e la chiusura dei loro giornali: la caccia al traditore e al disfattista permette alle autorità di ridurre praticamente al silenzio l'IWW (Industrial Workers of the World), il combattivo sindacato di ispirazione marxista e accesamente pacifista e internazionalista, e di colpire il partito socialista di Eugene Debs. Ma soprattutto, le nuove "streghe" sono gli immigrati di origine tedesca, i "german americans", indicati come la quinta colonna del nemico. Giornali come l'Atlantic Monthly invitano caldamente la censura sulla stampa in lingua tedesca perché "è il pensiero tedesco il principale aggressore", mentre sul Chicago Tribune si spera che il governo "la smetta di cincischiare con questi cosiddetti german-americani e che li metta in campi di concentramento fino alla fine della guerra". Una speranza che trova riscontro nella realtà dei fatti perchè molti sono, infatti, i tedeschi che, in quanto "enemy aliens", finiscono in campi di concentramento; sono musicisti, banchieri, esponenti di famiglie economicamente influenti ai quali vengono sequestrate le proprietà.

In molti sono costretti ad abiurare la propria origine "americanizzando" il proprio nome o quello delle proprie associazioni. Da questo momento, come sottolinea il giornalista e scrittore Marco D'Eramo, non ci sarà più "un problema tedesco" negli Stati Uniti [4] .
Un salto in avanti. Nel 1963 l'amministrazione democratica di Kennedy cercherà vanamente di far passare un decreto per applicare l'Espionage Act alle dichiarazione fatte da americani all'estero.

Terza tappa: la paura dei rossi

Nell'immediato dopo guerra ad apparire sul palcoscenico sarà lo spettro rosso, la strega del comunismo. La paura, ingigantita dalle autorità, è quella di un contagio della rivoluzione bolscevica. A questo proposito bisogna ricordare che gli Stati Uniti partecipano con l'invio di truppe - 18.000 uomini - alla campagna internazionale per "strangolare alla nascita", secondo le parole di Winston Churchill, la Russia rivoluzionaria.
Il sospetto si dirige oltre che sugli attivisti sindacali, comunisti, anarchici e socialisti, anche sugli stranieri. Sono questi gli "agitatori esterni", gli agenti dell'idra bolscevica, che vogliono minare la base della struttura sociale del Paese. Già poco prima della fine del conflitto il Congresso aveva votato una legge che prevedeva la deportazione degli stranieri che si opponevano alle decisioni del governo e che, più genericamente, predicavano contro la proprietà privata. Nel 1919, sotto la direzione del ministro della giustizia Mitchell Palmer, squadre della polizia arrestano duecento quarantanove stranieri di origine russa, li imbarcano su una nave che li spedisce nella Russia sovietica.

Ma oggetto delle incursioni della polizia, i cosiddetti "Palmer raids", sono anche le abitazioni dei militanti e le sedi delle organizzazioni di sinistra.
Ma è nel secondo dopoguerra che la paura del comunismo genera una vera e propria caccia alle streghe all'interno del Paese. Gli Stati Uniti si trovano di fronte un'Unione Sovietica forte del prestigio della vittoria sul nazismo e del sostegno del movimento comunista internazionale. Alla politica estera del "containement" per impedire ai sovietici di estendere la loro influenza, messa in pratica in occasione dell'intervento militare in Corea nel 1950, si accompagna all'interno una massiccia campagna politica e culturale per convincere il paese della necessità di un'assoluta sicurezza interna e della preservazione dell'ordine esistente. Il pericolo è quello della cospirazione comunista ordita da Mosca per minare il morale e l'unità della nazione, e ad alimentarla è la possibile presenza di cospiratori all'interno delle istituzioni federali. Democratici e repubblicani sono accomunati dalla stessa politica che lega l'amministrazione Truman a quella di Eisenhower. Mettere sul banco degli imputati il solo senatore repubblicano McCarthy è una eccessiva semplificazione storica. La sua colpa fu quella di alzare troppo il tiro delle accuse.
Che la minaccia sia ovunque è Truman in persona a ricordarlo: "Ci sono oggi in America molti comunisti. Sono dappertutto. Nelle fabbriche, negli uffici, nelle macellerie, negli incocroci, nel mondo degli affari. E ognuno di essi porta in sé, in germe, la morte della nostra società."

Nel marzo del 1947 il presidente democratico succeduto a F.D. Roosevelt emana con l'Ordine esecutivo n. 9835 il "Programma per la lealtà dei dipendenti federali" con lo scopo di epurare dal pubblico impiego i dipendenti sleali, cioè sospetti di essere comunisti o simpatizzanti del comunismo. Il Dipartimento della Giustizia è invitato a compilare una lista delle organizzazioni giudicate totalitarie, fasciste, comuniste o generalmente sovversive.
Si trovano così accomunate dalla stessa accusa associazioni e movimenti come il Partito comunista americano, il Ku Klux Klan, il Comitato per la difesa della Dichiarazione dei diritti, la Lega degli scrittori americani, gli Amici americani della natura e l'Associazione dei librai di Washington. Viene, inoltre, approntato un "Security index", un elenco contenente ben 26.000 nomi di individui ritenuti politicamente pericolosi da rinchiudere in campi di concentramento in caso di emergenza.
Alla luce di questo, tutt'altro che eccezionali appaiono le pubbliche denunce dei primi anni '50 del repubblicano McCarthy, presidente della Sottocommissione del Senato per le investigazioni, impegnato a scovare i traditori annidiati nella stanza dei bottoni: "Ho con me la lista di duecento cinquanta persone, una lista di nomi che sono stati segnalati al segretario di Stato in quanto membri del partito comunista e continuano tuttavia a lavorare e a decidere la politica del Dipartimento di Stato". Le attività della Commissione della Camera per le attività antiamericane (HUAC) e di altre commissioni portano, dal marzo 1947 al dicembre del 1952, all'apertura di 135 investigazioni sul comunismo, coinvolgendo tredici milioni di cittadini, al controllo di oltre sette milioni di dipendenti pubblici o impiegati in industrie operanti per il Governo, e all'allontanamento dal lavoro di cinquecento persone con l'accusa di "incerta lealtà".

Gli Stati e le città costituiscono propri organismi di sicurezza e arrivano ad imporre il giuramento di fedeltà ai propri dipendenti.
Alla caccia alle streghe partecipano anche organizzazioni ed associazioni private come l'American Legion, i Reduci di guerra cattolici, le Figlie della rivoluzione americana, che, incoraggiate dalle pubbliche autorità, gettano sospetti sul cinema, la radio, la televisione e il mondo scolastico e universitario. I sospetti di comunismo toccano anche i libri: lavori come Le opere scelte di Thomas Jefferson vengono messe all'indice e bandite da una serie di direttive emanate dal Dipartimento di Stato. Contemporaneamente Hollywood produce più di quaranta film ispirati all'anticomunismo. Una battaglia a 360° che mira alla stabilimento del consenso.
Fino alla metà degli anni '50, quando la guerra fredda lascia il posto alla coesistenza pacifica, la scena politica americana, come ricorda lo storico Cartosio, è dominata da un conformismo "imposto dal pervasivo clima di sospetto, dalla estrema rischiosità di ogni manifestazione di dissenso politico e dalla necessità di adattarsi".

NOTE

[1] Lindbergh fu davvero ad un passo dalla candidatura repubblicana e non nascose le sue simpatie naziste (nel 1938 ricevette da Göring la Croce di Servizio dell'Ordine dell'Aquila tedesca) e il suo antisemitismo (in una riunione del gruppo di destra America First indica nella razza ebraica uno dei gruppi che vogliono l'ingresso degli USA nella guerra). Così anche il magnate dell'industria Henry Ford, ministro dell'interno nel romanzo, che nel 1920 pubblicò L'ebreo internazionale, testo antisemita al quale si ispirerà Himmler.
[2] Basta dare una rapida lettura ai vari discorsi del presidente Gorge W. Bush
[3] Esaustivo a questo proposito è L'invasione dell'America. Indiani, coloni e miti della conquista di Francis Jennings (Einaudi).
[4] Per le citazioni si veda Marco D'Eramo, Il maiale e il grattacielo, pagg.174-181.


BIBLIOGRAFIA

  • Il complotto contro l'America, Philip Roth, Einaudi, 2005
  • Storia del popolo americano, Howard Zinn, Il Saggiatore, 2005
  • Il crogiuolo, di Arthur Miller, Einaudi, 2004
  • Le XX siècle americain, Howard Zinn, Agone, Marseille, 2003
  • La creazione dell'America, Francis Jennings, Einaudi, 2003
  • Gli Stati Uniti contemporanei, Bruno Cartosio, Giunti, 2002
  • La nascita di una potenza mondiale, John L. Thomas, il Mulino, 1999
  • Il maiale e il grattacielo, Marco D'Eramo, Feltrinelli, 1999
  • Storia degli Stati Uniti, Maldwyn A. Jones, Bompiani, 1997
  • interessante archivio di immagini: http://newman.baruch.cuny.edu/digital/redscare/default.htm

da http://www.storiain.net