Il
presidente Morales annuncia la nazionalizzazione |
Il presidente boliviano Evo
Morales ha firmato il decreto di nazionalizzazione
degli idrocarburi: "Il paese recupera
la proprietà,
il possesso e il controllo totale e assoluto delle
proprie risorse" - ha dichiarato il presidente che ha inviato
l'esercito a controllare i giacimenti. Tutte le sigle
delle multinazionali petrolifere firmatarie di quella
settantina di contratti dichiarati illegali dal Tribunale
Costituzionale della Bolivia lo scorso anno che non
accetteranno le nuove disposizioni in materia di idrocarburi
entro 180 giorni dovranno lasciare il paese: i loro
titoli sono subito scesi in borsa.
Tecnicamente, il
decreto annulla la precedente disposizione secondo
cui lo stato rinuncia ai diritti su gas e petrolio
una volta estratti dal sottosuolo. I soldati sono effettivamente
arrivati nel sito dato in concessione alla brasiliana
Petrobras, il maggior investitore straniero in Bolivia,
che come le altre compagnie straniere ha ora 180 giorni
di tempo per rinegoziare i suoi contratti di sfruttamento
con la compagnia pubblica Yacimentos Petroliferos Fiscales
Bolivianos a cui è stato assegnato il controllo
di tutti i giacimenti. Ma come ha annunciato il vice
presidente, Alvaro Garcia, sono 56 i siti in cui sono
stati inviati i militari.
“Davvero un colpo inatteso” - commenta
Giovanna Vitrano per Selvas “Si
sapeva del progetto di nazionalizzare gli idrocarburi,
ma quasi tutti pensavano che ci sarebbe voluto del
tempo, che i polveroni che si stavano alzando sulla
Costituente, sul progetto El Mutun, sulla Lab (Linee
Aeree Boliviane), erano tutte cortine di fumo per coprire
il non mantenimento della promessa fatta dal presidente
Morales il giorno del suo ingresso al Palacio Quemado,
promessa sulla quale ha fondato tutta la sua campagna
elettorale. Ci sbagliavamo tutti”.
“La scelta della ricorrenza della Festa dei lavoratori è tutt’altro
che casuale. Il primo presidente “indio” della
storia boliviana sa di aver bisogno del massimo dell’appoggio
popolare perché è chiaro a tutti che le
grandi compagnie, in particolare la brasiliana Petrobras
e la ispano-argentina Repsol-Ypf, anche se “amici”,
faranno tutto il possibile per difendere i propri interessi
e i grandi investimenti effettuati negli anni” -
nota Adalberto Belfiore per Lettera22. L’effetto
del decreto presidenziale è stato quello di una
doccia fredda, specialmente in Brasile e Spagna, paesi
le cui compagnie sono più impegnate in Bolivia.
La Bolivia possiede giacimenti petroliferi non giganteschi
ma riserve di gas seconde solo al Venezuela, non è la
prima volta: già negli anni '30 furono nazionalizzate
le proprietà della Standard Oil e alla fine degli
anni '60 quelle della Gulf, entrambe statunitensi. Ma
queste misure, che pur generarono forti introiti allo
stato, non produssero alcun beneficio per il paese né alleviarono
le misere condizioni della popolazione boliviana. La
Bolivia è anche il paese più povero del
subcontinente e lo sfruttamento delle risorse petrolifere
e di gas costituisce il 15 per cento del PIL boliviano
e le oltre 50 compagnie straniere hanno finora goduto
di condizioni fiscali considerate tra le più blande
al mondo.
"Il fatto politicamente rilevante è che ormai
alcuni paesi dell’emisfero americano, Venezuela,
Cuba ovviamente, ma anche Argentina e Brasile hanno costruito
un nuovo asse geopolitico senza Washington (anzi che
vede gli Usa come un ‘competitor’ o un avversario,
anche se la partita di Brasilia è parzialmente
diversa) - commenta
Claudio Landi su Lettera 22: d’altra
parte, tutti i leader e movimenti latinoamericani emergenti,
moderati alla Lula e bolivariani alla Chavez tendono
nettamente a sinistra. E all’elenco - che comprende
anche paesi come l’Uruguay - peraltro potrebbe
aggiungersi ora anche il Perù, dopo le imminenti
prossime elezioni presidenziali che vedono in vantaggio
il candidato ‘nazionalista’. Tutti questi
paesi, chi più chi meno, chi con una strategia
antagonista con gli Usa, chi per questioni molto pragmatiche,
(i contratti e la crescita economica, le materie prime
e il petrolio), si sono ritrovati spesso a Pechino
con i dirigenti cinesi".
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